Gianfranco Rivellini, il Sole 24 Ore sanità. La legge di Stabilità 2016, Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre, contiene una serie di misure di interesse per il settore sanitario. Cominciamo con il taglio al Fondo sanitario nazionale, oggetto di autorevoli approfondimenti di parte istituzionale. Si veda il dossier dell’ufficio parlamentare per il bilancio. Al di là del dibattito se il Fsn è stato incrementato o tagliato rispetto al Patto della Salute, quello che è certo è che la sua incidenza sul Pii nominale al 2011, pari al 6,77% scende al 6,61% per il 2016, con previsione al ribasso, stimata al 6,38% nel 2018. La vulgata è che ci sono sacche di sprechi sulle quali incidere per migliorare l’efficienza della spesa, a vantaggio della qualità del servizio offerto, grazie all’adozione dei costi standard, della centralizzazione degli acquisti, delle procedure offerte dai piani di rientro, calati fino al livello delle aziende sanitarie (commi da 521 a 537). Tutto giusto e probabilmente adeguato allo scopo.
Soprattutto se questa pesante opera di razionalizzazione della spesa consentirà l’auto finanziamento, cioè sempre nei 111 miliardi previsti, per attuare le disposizioni contenute dal comma 536 al comma 544 e quelle contenute dai commi da 553 a 555. Nel primo blocco di norme rientrano sia la disposizione per l’obbligatorietà delle aziende di istituire le unità di valutazione del rischio clinico, sia il pacchetto per l’eventuale assunzione di personale medico e del comparto al fine di ottemperare alla legge 161/2014, in tema di rispetto orario massimo settimanale e di lavoro notturno». Le economie per questi due pacchetti vengono previste quale risultato della sbandierata riorganizzazione della rete ospedaliera e quale ulteriori economie emergenti dal contrasto alla cosiddetta medicina difensiva.
Infine all’obiettivo aggiornamento Lea vengono riservati 800 milioni, sia chiaro nel montante invariato dei 111 miliardi, creando il rischio di “sforbiciare” non sul numero complessivo e nominale dei Lea, ma sulla qualità dei singoli Lea, per sotto finanziamento della filiera complessa che a essi è sottesa.
Infine merita qualche considerazione il comma 236, che richiama la stagione Tremonti in tema di “risparmi” delle risorse finalizzate alla contrattazione decentrata. La legge 190/2014 che di fatto aveva dopo 4 anni disinnescato la grande gelata provocata dalla legge 122/2010, consentendo a valere sul 2015 il ripristino della situazione al 2010, viene a decadere, pure senza espressa citazione, con la più classica previsione «l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2015 ed è comunque automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente».
Se si tiene conto che il comma 544 fa espresso richiamo in tema di spesa per nuove assunzioni all’articolo 2, commi 71,72 e 73, della legge 191/2009, dal combinato disposto se ne deduce che continuerà la “spoliazione al risparmio” dei fondi aziendali, grazie alla riduzione degli organici e alle politiche di gigantismo amministrativo di molte Regioni.
Continuerà la razionalizzazione delle unità operative complesse (taglio dei primariati), mentre è in corso l’accorpamento delle Asl, sul modello dell’Area vasta (perequazione dei fondi). In particolare dimagrirà il fondo per la remunerazione degli incarichi dirigenziali, che come è noto si arricchisce, almeno dal 1996, grazie alla Ria (Retribuzione individuale anzianità).
Non va meglio comunque per il fondo di risultato. Si veda «II Sole 24-Sanita» del 20 gennaio 2015, sulla quale è stato documentato dallo scrivente come siano stati sottratti alla contrattazione decentrata nel triennio 2011-2013 circa 290 milioni, relativi alla sola dirigenza medica.
Il dato è stato estrapolato consultando il sito www.contoannuale.tesoro.it nella specifica per ciascun ente del Ssn. Si può affermare che i medici del Ssn in soli 3 anni hanno finanziato i 300 milioni per il rinnovo contrattuale di tutto il pubblico impiego, almeno è questa la posta di bilancio 2016 in finanziaria.
Una legge di stabilita avara per il Ssn, in perdita per i medici ed il comparto sanitario, a eccezione per il bonus 80 euro stabilizzato per le figure professionali con il lordo annuo inferiore ai 26mila euro.
Al di là e prima dei numeri è la cifra politica a preoccupare, perché questa finanziaria e le proiezioni al 2018 sembrano consegnare la possibilità che il cosiddetto “partito della nazione” non abbia ancora sviluppato un modello di sanità per il futuro, oppure ritiene semplicemente che non sia ancora maturo il tempo per spiegarlo ai cittadini e agli oltre 670mila operatori del Ssn.
Il Sole 24 Ore sanità – 12 gennaio 2016