Valentina Conti. Fp Cgil Medici, Cisl Medici, Uil Flp Medici, Fials Medici, Ascoti, Anpo, Fimmg, Anaao Assomed, Cimo, Aaroi Emac, Fvm, Fassid, Aipac, Simet, Snr, Fesmed, Cimop, Sumai, Snami, Smi, Intesa sindacale, Simet, Sumai, Fespa, Fimp, Cipe, Andi. Per la prima volta tutta la classe medica scende in piazza, a Roma, sotto il cappello della FNOMCeO, Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, a difesa del Servizio Sanitario Nazionale.
Sabato pomeriggio invaderà piazza Santi Apostoli, ci saranno i pazienti e testimonianze video. Per dire no a «una sanità che costa sempre di più, alla difficoltà all’accesso alle cure da parte dei malati, a liste d’attesa estenuanti che portano a rinunciare agli interventi, come confermano i numeri di settore, ad un’appropriatezza modificata in base a sanzioni che non lasciano libertà di scelta e di cura». Ad oggi, nessun feedback col governo; se non arriveranno risposte sarà sciopero. La data già c’è: il 16 dicembre. «Siamo partiti da un Consiglio nazionale che ha fatto il punto della situazione. Abbiamo deciso di intraprendere un percorso comune insieme a sigle sindacali, per mirare ognuno sulle proprie competenze, e associazioni scientifiche. C’è preoccupazione diffusa per il nostro sistema sanitario, abbiamo ascoltato i problemi degli assistiti e le difficoltà dei nostri colleghi ad esercitare serenamente il proprio lavoro, passando per gli Stati generali della professione il 21 ottobre scorso. E siamo arrivati a lanciare una piattaforma, base del proclamato stato di agitazione. È una battaglia per il diritto di preservare un SSN che è sempre più allo stremo nella sua risorsa fondamentale: i professionisti della salute», ha spiegato ieri in conferenza stampa la presidente FNOMCeO Roberta Chersevani. «Abbiamo una sanità a pezzi; sanità regionali con ritmi e qualità di cure differenti, è una disuguaglianza che non va bene», ha proseguito. «Diciamo sì a una professione libera di curare, equa con pari possibilità di accesso soprattutto per le nuove leve (27.000 giovani sono in attesa di continuare il loro percorso), sì a una formazione funzionale ai bisogni della cura, sì alla meritocrazia, alla verifica professionale tra pari, alla qualità dell’assistenza, ad un sistema sostenibile». «Rifiutiamo la politica “dei biscottini” per la sanità, è ora di far sentire le campane: del nostro lavoro decidono tutti tranne noi. Non è una battaglia corporativa – puntualizzano i camici bianchi – ma per la salute dei cittadini. Tutto il mondo sanitario che si schiera congiuntamente a difesa del sistema sanità: è questo il messaggio che vogliamo trasmettere».
Valentina Conti – Il Tempo – 26 novembre 2015