di Valeria Catalano. Sara Di Natale, ragusana 32enne, in coma vegetativo da dieci anni per aver mangiato una polpetta con solfiti per lei pericolosissimi è morta ieri, lunedì 10 aprile, nella sua casa di Ragusa. La studentessa era in stato vegetativo dal febbraio 2006. Uno shock anafilattico le ha stroncato la vita.
Polpetta con solfiti
La polpetta di carne trattata con solfiti, le era stata venduta da un macellaio di Catania quando frequentava la facoltà di Scienze politiche nell’università del capoluogo etneo. In questi dieci anni è stata alimentata e ventilata artificialmente. Le sono sempre stati accanto i genitori, la mamma Gabriella e il papà Luciano, professore di matematica andato in pensione proprio per poterle stare vicino e accudirla.
La storia
Il 7 febbraio del 2006 Sara aveva 22 anni. Quel giorno mangiò una polpetta di carne adulterata a Catania, l’aveva comprata una sua collega di università. Risultò piena di solfiti, tanto da provocarle un arresto cardiocircolatorio a seguito di uno shock anafilattico e da farla piombare in uno stato vegetativo dal quale purtroppo non si è più svegliata. «Mia figlia, in stato vegetativo da più di otto anni, a causa di solfiti, presenti in una polpetta di carne, ancora non ha avuto giustizia – scriveva il papà di Sara nel suo blog, nell’aprile 2014 – Il macellaio, reo confesso prima è stato condannato a 6 anni (meno tre per l’indulto), a 200.000 euro di provvisionale e a 5 anni di interruzione del suo mestiere; poi, in appello, la pena precedente è stata considerata severa ed è stata portata a 4 anni (meno tre di indulto). In Cassazione cosa succederà? Finora il macellaio non ha pagato la sua colpa né con il denaro, né con la chiusura della macelleria, né con un solo giorno di carcere. La mia famiglia invece è stata condannata ad un “ergastolo” di infinite sofferenze».
Come Eluana
Il papà insegnate da anni si batte – anche attraverso un blog – per la tutela dell’autodeterminazione in materia sanitaria sostenendo il Registro delle disposizioni anticipate di fine vita e il cosiddetto «testamento biologico» contro l’accanimento terapeutico, ma ha anche sostenuto la nascita di strutture per pazienti in stato vegetativo. Vicina ai Welby e agli Englaro, la famiglia Di Natale si è rivolta anche a Papa Francesco chiedendo di fare chiarezza nel mondo cattolico nel rispetto della volontà espresse per il trattamento di fine vita.
Corriere.it – 13 aprile 2016