Un paese dove il servizio pubblico offre tutte le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza, ma dove in realtà per la diagnostica dà sempre meno: al punto che un 45% delle spese out of pocket – cioè, la percentuale più grossa della torta– è condiviso tra specialistica ambulatoriale e odontoiatria. È il dato chiave del Report Ocse Health at a Glance per il nostro paese, che fa la nostra sanità un po’ più “piccola” a livello europeo. Se nel Rapporto vanno bene gli indicatori di esito relativi al trattamento di patologie gravi, misurati in termini di ricoveri ospedalieri, si intuisce che nell’offerta qualcosa sta diminuendo.
Certo, il 100% dei “core services” è pur sempre offerto dal servizio sanitario nazionale. Ma se in ospedale troviamo il 97% delle risposte ai nostri bisogni, negli ambulatori diagnostici e nei centri prelievi la risposta scende al 61%. E anche come copertura dei farmaci siamo a due terzi del ventaglio (e siamo nella media del resto dei paesi Ocse). Sempre nella torta delle spese sostenute integralmente dal cittadino colpisce che una percentuale analoga alla nostra per le visite ambulatoriali i “cugini” francesi la sostengano per la long term care che invece da noi è una fetta intorno al 10%. Tra i bisogni insoddisfatti – per i quali siamo complessivamente nella media Ue – metà lo è per ragioni di costo e metà per le attese lunghe. Da una parte pesa l’invecchiamento della popolazione, dall’altra incide la carenza di personale. Se le assunzioni fra 2021 e 2022 in area Ocse sono cresciuta del 24%, a tassi doppi dei servizi e tripli dell’industria, è anche vero che in Italia non lo è. I medici sono cresciuti in area Ocse da 2,9 milioni del 2001 a 4,3 del 2022. Noi siamo fermi ai numeri del 2001 con 4 medici per 1000 abitanti, comunque ancora sopra media Ocse. Ci hanno superati paesi del Nordeuropa e Germania che nel 2001 avevano meno medici. Ma soprattutto siamo il paese del mondo dove I medici sono più vecchi. L’età media sfiorava i 30 anni nel 2001 e adesso è di 56 anni. Il tempo e i turnover hanno portato 10 punti in più nella componente femminile che ora è al 50% (ma in Est Europa e paesi Baltici è al 70%).
L’80% dei medici è dipendente, il 14% è medico di famiglia, siamo ai livelli più bassi d’Europa come quantità: fanno dunque scalpore I dati sulle ospedalizzazioni evitate che rivelano, in altre parti del Rapporto, la buona qualità dell’assistenza territoriale. In circa metà dei paesi Ocse gli stipendi degli specialisti sono cresciuti di più di quelli dei medici “generalisti”. Non abbiamo il dato dell’Italia, che non ha offerto dati sulla remunerazione dei Mmg; invece, per il medico dipendente abbiamo segnalato che prende (anno 2021) 2,6 volte il salario del residente medio. Lo stipendio del dipendente è pari alla media Ocse, ma molto più povero rispetto ad altri paesi con sistema sanitario pubblico tipo il Canada dove i livelli sono 4,4 volte la media dello stipendio del residente medio. Pochi gli infermieri, da noi: erano 5,5 ogni 1000 abitanti nel 2011 ora sono 6 ma in Nordeuropa si arriva a 16-20, e ancora più basso è il rapporto tra infermieri e medici, 1,5 ad 1, contro il 4 a 1 in Usa e Svizzera e il 2,7 ad 1 del Regno Unito. Molto bassa anche la remunerazione: pari allo stipendio medio (mentre è il doppio n Sudamerica e 1,5 volte nel resto d’Europa). Abbiamo oltre un 5% di infermieri formate in altri Paesi, mentre i medici “importati” non arrivano all’1% nel nostro servizio sanitario. Complessivamente, nei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, più di un posto di lavoro su 10 (10,5%) al 2021 era nei servizi sanitari o socioassistenziali, con un balzo di un punto percentuale rispetto al 2011. E proprio gli infermieri costituiscono la categoria più numerosa di lavoratori, con una percentuale tra il 20 e il 25%.
doctor33