Il Mattino di Padova. Di fronte alla carenza, sempre più grave, dei medici di famiglia, la Regione decide di intervenire, concedendo ai giovani studenti, iscritti al corso per diventare dottori di base, di esercitare la professione negli ambulatori. In realtà, non si tratta di una novità, ma del prolungamento, almeno fino alla fine dell’anno, di una disposizione che era già stata presa. Ma la Regione si muove lungo un doppio binario, cercando di far fronte — per quanto possibile — alle due emergenze in corso, ottimizzando le risorse già a sua disposizione: per questo i medici delle squadre Usca (le Unità speciali di continuità assistenziali, nate in piena emergenza sanitaria) saranno chiamati a lavorare, a supporto dei pazienti in fuga dalla guerra in Ucraina, per prestare assistenza sanitaria, anche legata alla pandemia.
Aspetti di un settore che, già vittima di tagli, ora è retto da una schiera di professionisti dall’età media elevata e, per questo, in molti casi prossimi alla pensione. Un settore che, evidentemente, da tempo non basta più a se stesso, come è stato reso evidente dalla pandemia. Ma la realtà non sta a guardare: lo dimostrano la pandemia, prima, e la guerra, adesso, a cui si aggiunge l’ordinario. E in qualche modo è necessario intervenire.
ISCRITTI AL CORSO DI MEDICINA DI BASE Quella dell’elevato numero di “zone carenti”, vale a dire le aree senza un medico di famiglia, è una piaga nota nella nostra regione, a cui si è cercato di rispondere con una serie di soluzioni-palliativo. Ad esempio, elevando da 1.500 a 1.800 assistiti il massimale per ogni medico. Adesso, la nuova soluzione vede per protagonisti i giovani medici, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale. Potranno instaurare un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale, assumere incarichi provvisori, sostituire medici di famiglia, venire iscritti agli elenchi dell’ex guardia medica e della guardia medica turistica. Tutte possibilità che, attualmente, vengono già sfruttata da un centinaio di giovani medici: iscritti al corso per la medicina generale, parallelamente stanno esercitando all’interno degli ambulatori, come dottori di famiglia. Anche loro, con un massimale che è stato elevato da 500 a oltre 600 pazienti a giovane professionista.
LE ZONE CARENTI Del resto, si diceva, quella delle “zone carenti” è una vera piaga per la sanità veneta. «Le cause sono i tanti pensionamenti, ma anche la carenza di medici disponibili a ricoprire gli incarichi, nonostante ogni anno ci siano molti professionisti nella graduatoria regionale di Medicina generale» spiega l’assessora veneta alla sanità, Manuela Lanzarin. L’anno scorso, a fronte di 561 carenze di assistenza primaria e di 522 incarichi di continuità assistenziale, i posti coperti sono stati rispettivamente appena il 40% e il 4%, nonostante l’espletamento di tutte le procedure per tentare delle nuove assunzioni, tramite Azienda Zero, con la regia della Regione.
I NUOVI MEDICI DI FAMIGLIA Intanto, la sanità regionale può contare su 101 medici di famiglia in più. Sono tanti i professionisti che hanno concluso il corso triennale della scuola di formazione specifica, attivato dalla Regione. «Durante la pandemia abbiamo toccato con mano quanto sia stato importante poter contare su una sanità territoriale coesa e in sintonia con l’erogazione delle prestazioni» spiega ancora l’assessora Lanzarin, «Il Pnrr poi, allocando risorse destinate a strutture territoriali che dovranno essere costituite, pone in modo ancor maggiore la necessità di contare su professionisti preparati».