Gli alti dirigenti pubblici italiani sono, e di gran lunga, quelli con le retribuzioni più alte al mondo (o almeno dei 34 Paesi aderenti all’Ocse). Lo stipendio medio di un senior manager del settore pubblico è infatti di 650mila dollari, quasi il triplo di quello medio di tutti i membri dell’organizzazione (232mila dollari) e superiore di oltre 250mila dollari a quello del secondo classificato, la Nuova Zelanda (397mila dollari). La Gran Bretagna è a quota 348mila, gli Stati Uniti a 275mila, la Francia a 260mila e la Germania a 231mila. È questo il dato più scioccante dei tanti contenuti nel periodico rapporto Ocse sulle amministrazioni pubbliche. Anche se il ministero della Funzione pubblica ha immediatamente reagito sottolineando alcuni aspetti che inducono, a suo parere, a relativizzare la cifra.
E cioè i numeri si riferiscono al 2011, mentre nel 2012 è stato istituito un tetto a 303mila euro; il confronto è stato fatto solo su sei ministeri (Interni, Finanze, Giustizia, Istruzione, Sanità e Ambiente); i dati si riferiscono «a casi molto limitati di posizioni di vertice»; infine si parla, ovviamente, di retribuzioni lorde e il cuneo – fiscale, previdenziale e assistenziale – è più alto in Italia (intorno al 40%) rispetto a tutti gli altri Paesi.
La sostanza però non cambia: pur con tutti questi accorgimenti, la busta paga resta la più pesante. In compenso l’Italia è al di sotto della media Ocse quanto a numero di dipendenti pubblici sul totale della forza lavoro: 13,7% (a metà strada tra Spagna e Stati Uniti) rispetto al 15,5 per cento. A guidare questa classifica sono ovviamente i Paesi del Nord Europa (Norvegia, Danimarca e Svezia), seguiti a ruota dalla Francia.
Ad attirare l’attenzione dell’Ocse sono però altri numeri. In particolare quelli della fiducia dei cittadini nei confronti dei rispettivi Governi. Un dato che tra il 2007 e il 2012 – con il varo delle misure anticrisi – si è drasticamente ridotto dal 45% al 40 per cento. In Italia si è scesi dal 30 al 28 per cento. Nelle prime posizioni ci sono Svizzera (77%) e Lussemburgo (74%), in coda Grecia (13%), Giappone e Repubblica Ceca (entrambe con il 17%). La Gran Bretagna è al 47%, la Germania al 42% e la Francia al 44 per cento. Un dato che il presidente francese François Hollande, con i suoi continui record di impopolarità, ormai si sogna.
Tra i diversi servizi pubblici è la Giustizia quello che registra la minor fiducia da parte degli italiani: il 38% rispetto a una media Ocse del 51 per cento. Male anche la sanità (55% rispetto al 71%), mentre quella nei confronti del sistema educativo non è molto lontana dalla media Ocse (62% rispetto a 66%). Superiore alla media (76% rispetto a 72%) è il livello di fiducia nei confronti della polizia locale.
La spesa pubblica in rapporto al Pil era nel 2011 del 49,9% (superiore di quattro punti a quella media dei 34 Paesi), ma con andamenti molto differenziati. Se infatti è più alta di quella media nel sistema di protezione sociale (41% del totale rispetto al 35,6%) e in linea con la media Ocse nella sanità (14,7% rispetto a 14,5%), è nettamente inferiore nel campo dell’educazione (8,5% rispetto al 12,5%), dove siamo i penultimi della lista, davanti al solo Giappone. Tra il 2001 e il 2011 la spesa per l’educazione è ancora diminuita (dell’1,3%, solo cinque Paesi hanno fatto peggio dell’Italia, mentre l’Ocse ha registrato un calo medio dello 0,3%).
Infine l’Italia è praticamente il fanalino di coda quanto a utilizzo di internet nei rapporti tra cittadini e amministrazione pubblica (19% nel 2012 rispetto a una media Ocse del 50%), seguita solo dal Cile (con il 7%).
Il Sole 24 Ore – 15 novembre 2013