Tetto agli stipendi, ma contributi pensionistici già versati salvi. Il Consiglio dei ministri di venerdì scorso con due distinti provvedimenti, ha fissato il tetto massimo dello stipendio dei manager pubblici, prendendo come riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione, dall’altra ha “salvato” i contributi pensionistici oltre la nuova soglia finora versati.
Il tetto alle retribuzioni era stato previsto dall’articolo 23-ter della legge 214/2011, che ha convertito il decreto legge 201/2011 «salva Italia». Secondo il primo comma di tale articolo, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge stessa (avvenuta il 28 dicembre 2011), il presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto definire il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chi riceve emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche, sia nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente che autonomo. Venerdì scorso, tale tetto è stato fissato poco sotto i 294mila euro.
Nella stessa giornata, con il Dl 29 pubblicato in Gazzetta ufficiale sabato e già in vigore, il Consiglio dei ministri ha anche previsto una norma che salva i contributi previdenziali oltre il nuovo tetto finora versati dai manager. In altre parole, il Governo da una parte ha introdotto la soglia massima per le retribuzioni dei manager pubblici, ma dall’altra ha tenuto buono, ai fini previdenziali, i versamenti oltre soglia effettuati in passato. La precisazione si è resa necessaria perché altrimenti la norma taglia stipendi rischiava di essere retroattiva, innescando, però, il pericolo di ricorsi da parte dei diretti interessati.
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