Cambiano le regole su malattie e permessi nella Pubblica amministrazione. È uno degli effetti collaterali dell’accordo firmato lo scorso 30 novembre tra i sindacati e il governo per il rinnovo dei contratti. In quel documento è stato inserito un inciso che impegna le parti a riaprire il confronto, fermo ormai da tempo, sulla questione delle malattie, dei permessi e dei congedi. L’intenzione, a questo punto, sarebbe quella di risolvere anche questi aspetti direttamente nei contratti dei quattro comparti della Pubblica amministrazione che i sindacati dovranno discutere al tavolo con l’Aran, l’Agenzia pubblica che si occupa di contrattazione, e che sarà convocato non appena il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, avrà emanato il suo atto per dare un indirizzo alla nuova tornata contrattuale. Ma quali sono le novità attese? In realtà, l’Aran e i sindacati hanno avviato un confronto sul tema delle assenze per malattia, sui permessi e sui congedi, già dal 2014.
Si è anche arrivati a mettere alcuni punti fermi che, a questo punto, dovrebbero essere posti alla base anche del nuovo contratto. Il primo aspetto riguarda le assenze per malattia, nel caso specifico in cui il dipendente pubblico abbia la necessità di dover effettuare una visita specialistica o delle analisi.
IL SISTEMA Attualmente ci sono tre modi per potersi assentare per le visite mediche o per gli accertamenti. Il primo è prendere una giornata di malattia. Il secondo è utilizzare un giorno di ferie e il terzo è usare il permesso orario nel limite delle 18 ore annuali, che però non è specificamente destinato a queste esigenze ma copre anche tutte le altre necessità del lavoratore. La soluzione individuata e che potrebbe essere recepita nel contratto, prevede un’altra strada, ossia la possibilità di spacchettare in ore l’assenza per malattia. Se si hanno bisogno di due ore per effettuare una visita specialistica, o di un’ora a settimana per effettuare una determinata terapia, non sarà più necessario giustificare l’intera giornata, ma ci si potrà assentare soltanto per le ore necessarie giustificandole con la certificazione dello specialista o del terapista. Questa possibilità, tuttavia, non sarebbe senza limiti. Ci sarebbe comunque un contingentamento, un tetto che rientrerebbe anche nel cosiddetto «periodo di comporto», il tempo massimo di assenza entro il quale il dipendente pubblico ha diritto allo stipendio e alla conservazione del posto di lavoro. Attualmente è di 18 mesi (raddoppiabili in alcuni casi gravi, ma senza stipendio), con i primi 9 mesi a retribuzione piena. Le assenze per malattia frazionabili costituirebbero una quota massima, per esempio un mese, all’interno dei primi 9 mesi del periodo di comporto.
IL CONTEGGIO Dal periodo di comporto, poi, verrebbero esclusi in ogni caso le terapie salvavita, come per i malati di tumore. Il tempo impiegato per curarsi da malattie gravi, insomma, non rientrerebbe mai nel conteggio dei giorni massimi di assenza per malattia consentiti. Un altro punto che potrebbe essere affrontato, riguarda la legge 104, quella per l’assistenza dei familiari disabili. Non si toccherebbero i principi fondamentali dell’istituto, che è regolato dalla legge, ma solo alcuni aspetti organizzativi. In pratica sarebbe chiesto ai dipendenti che la utilizzano di comunicare preventivamente al datore di lavoro i periodi di assenza, in modo da permettere una programmazione del lavoro.
Sulla malattia degli statali sono attese anche altre novità, da tempo annunciate, ossia la stretta sulle assenze seriali e quelle di massa. Inizialmente il ministro Madia aveva indicato l’intenzione di regolare la materia per legge, ma adesso si prenderebbe una strada diversa: una regolazione minima nel decreto sul lavoro statale che sarà varato a febbraio, per poi lasciare spazio alla contrattazione con i sindacati. Non a caso nell’accordo di novembre è stata inserita la volontà di contrastare i «fenomeni anomali di assenteismo». L’arma legislativa, dovrebbe essere comunque quella di specificare che tra i motivi di licenziamento ci saranno anche le assenze seriali (il caso è quello dei lunedì o dei giorni prefestivi) e quelle di massa.
VISITE FISCALI TRASFERITE DALLE ASL ALL’INPS: IL PROSSIMO PASSO CONTRO L’ASSENTEISMO
La si potrebbe ribattezzare la norma anti-furbetti bis. Dopo la stretta sui cosiddetti furbetti del cartellino, quei impiegati pubblici che dopo aver strisciato il badge abbandonano il posto di lavoro, il Governo si prepara a punire un’altra fattispecie di fannulloni, ovvero gli statali assenteisti seriali, quelli che ad esempio si ammalano ogni lunedì o venerdì, o quelli che nei giorni festivi disertano in massa con giustificazioni varie, come era accaduto il 31 dicembre 2014 per i vigili di Roma. Il tema dei procedimenti disciplinari entrerà dunque nella riforma del lavoro pubblico, attesa per il mese di febbraio in Consiglio dei ministri, e nel futuro contratto che Governo e sindacati stanno riscrivendo dopo l’intesa raggiunta il 30 novembre scorso. La stessa riforma di febbraio, a cui il ministero di Marianna Madia lavora ormai da mesi, rivedrà le modalità di accertamento delle malattie dei lavoratori pubblici.
IL POLO UNICO Le visite fiscali non verranno più effettuate dalle Asl ma dall’Inps, che occupandosi anche del settore privato diventerà un vero e proprio polo unico degli accertamenti. Questo passaggio comporterà controlli più severi rispetto a quelli delle aziende sanitarie, che non sempre sono riuscite a garantire una verifica capillare. Come detto, le norme per licenziare coloro che abbandonano il posto di lavoro dopo aver timbrato il cartellino già ci sono. La procedura accelerata stabilita dalla legge Madia è entrata in vigore a luglio e sta producendo i suoi primi effetti. Così come quelle sullo scarso rendimento introdotte dalla legge Brunetta, per le quali il lavoratore pubblico può essere incolpato se i suoi risultati sono scarsi e se, contemporaneamente, si è macchiato di qualche colpa, ovvero se ha violato qualche norma di legge o il contratto. Se però si assenta ogni lunedì, o in un giorno prefestivo, e ha un certificato apparentemente valido, oggi è difficile metterlo alla porta. Le norme in arrivo, dunque, sono aggiuntive rispetto a quelle già in vigore e saranno circoscritte alle assenze particolari e anomale. Nel Testo unico del pubblico impiego sarà introdotta la norma di carattere generale. Una regola di principio che riprenderà quanto previsto dalla legge delega Madia del 2015, con cui il Parlamento ha delegato il Governo a legiferare sulla materia. Il come applicare la stretta sarà invece oggetto del nuovo contratto.
LE MODALITÀ Lì saranno delineate le modalità di accertamento, i giorni anomali (probabilmente quelli di inizio e fine settimana) e la sanzione, che potrà tramutarsi per i casi più gravi nel licenziamento. Allo stesso tempo, come detto, il Governo modificherà radicalmente il sistema delle visite fiscali. L’obiettivo è di evitare quanto successo la notte di San Silvestro del 2014, quando tra i vigili del Campidoglio si registrarono l’83,5% di assenze dell’ultima ora. Le motivazioni? Malattia e donazione del sangue. Inps, che già si occupa dei controlli dei dipendenti delle aziende private, allargherà quindi il suo raggio d’azione occupandosi anche del pubblico impiego. Le visite fiscali saranno più capillari e severe, in modo tale da cogliere sul fatto chi si finge malato. Per garantire i nuovi controlli il Governo assegnerà risorse all’Inps, almeno 30 milioni di euro, che saranno recuperate da quelle destinate ora alle Asl per questo compito. L’Istituto, a sua volta, le utilizzerà per incrementare il numero di medici addetti alle visite, pescando tra quelli che attualmente lavorano nel settore privato.
Il Messaggero – 15 gennaio 2017