La fuga delle operaie. Gli alveari in tutto il mondo stanno registrando una misteriosa malattia, che fa spopolare gli alveari.
Le api sembrano star passando un brutto momento, non solo in Italia e in Europa, ma in tutto il mondo. Negli ultimi anni, infatti, sono stati segnalati numerosi fenomeni di mortalità di api o di spopolamento di alveari che, in alcuni casi, hanno assunto aspetti particolarmente preoccupanti. Le ricerche non hanno finora dato esiti molto chiari, si parla di cambiamenti climatici, trattamenti fitosanitari, malattie delle api. Ora scendono in campo anche i militari USA per cercare di comprendere il fenomeno, e questo la dice lunga sul loro “ruolo nella società”.
Le api sono importantissime per la vita dell’uomo, non solo per il miele che producono, ma anche per il prezioso lavoro di impollinazione dei fiori che poi diventano, anche, i frutti della terra che mangiamo e di cui si nutrono molti animali che sono alla base della nostra catena alimentare. Potremmo quindi dire che viviamo in simbiosi con queste piccole e laboriose creature.
Negli Stati Uniti, preoccupati come noi per la sorte delle api, sono scesi in campo addirittura i militari, e questo la dice lunga sull’importanza trategica dell’impollinazione per una nazione come gli USA (ma non solo), grosso produttore agricolo e all’avanguardia nelle colture biotech e nell’aumento della produttività agricola.
Gli scienziati di un centro di ricerca militare, appena fuori Washington, hanno studiato molto sulle api, e hanno scovato indizi sulla causa – o l’insieme di cause – che può provocare la misteriosa malattia, che fa scappare tutte le api operaie dagli alveari, lasciando l’ape regina sola o con i pochi adulti rimasti.
Alan Zulich, del Centro chimico biologico dell’esercito americano Edgewood, in Maryland, dice: “Abbiamo trovato nei nostri campioni che le colonie le cui popolazioni stanno crollando hanno sempre sia un virus caratteristico degli invertebrati che un fungo.”
Utilizzando sofisticate attrezzature, Zulich dice che i ricercatori di Edgewood sono stati in grado di identificare i microrganismi nei campioni di api provenienti da tutti gli Stati Uniti.
“Tutto questo è diventato possibile a partire dal 2000, quando è stato fatto il sequenziamento del genoma umano”, dice Deshpande. “E da allora più di 3 mila sequenze di genomi sono stati classificati, sia di virus che di batteri”.
Zulich afferma che il team di ricerca è stato in grado di identificare due organismi che sono stati associati con ogni campione che hanno ricevuto dalle colonie “malate” – un virus (virus iridescente) accoppiato con un fungo (Nosema ceranae). Ma aggiunge che è difficile stabilire se sono la causa del collasso della colonia, o gli effetti di qualcos’altro nell’ambiente. Quel “qualcosa d’altro,” potrebbe significare diverse cose, dice Galen Dively, dell’Università del Maryland. Circa un mese fa, infatti, c’era stato molto clamore per la ricerca svolta dai militari del centro Edgewood e dall’Università del Montana, in cui i ricercatori avevano annunciato trionfalmente di aver risolto il mistero della malattia del collasso degli alveari (o forse è stato il New York Times a ingigantire la cosa). Ma la questione non è così semplice da essere risolta da uno scoop, sembrerebbe.
“L’ipotesi di lavoro è che ci sono diverse sollecitazioni primarie. Una è l’alimentazione, in quanto le api vengono fatte riprodurre vicino a colture che hanno per gli insetti valori nutritivi molto bassi. Poi c’è il fatto che i loro alveari vengono spostati, e questo causa loro stress. C’è l’esposizione agli antiparassitari, e stiamo cercando di capire di più su questo punto. Poi abbiamo degli acari che si sono ambientati qui (negli Stati Uniti) a metà degli ’80, e creano loro problemi. Tutti questi fattori di stress negli alveari indeboliscono il sistema immunitario delle api, e quindi indeboliscono la colonia. E poi ci sono ulteriori stress secondari come virus e altre malattie.”
E le brutte notizie non finiscono per le api. Dively dice che ci sono altri problemi per le api, oltre al fenomeno del collasso delle colonie.
“Se prendiamo i sondaggi fatti agli apicoltori di tutto il paese e li diamo per buoni, la prima causa di morte è per fame, le api letteralmente muoiono di fame. Quindi occorrerebbe innanzitutto migliorare la loro gestione da parte degli apicoltori.” Ma sembra che ci sia anche un’altra fuga, quella degli apicoltori. Infati, sempre meno persone vogliono fare questo mestiere faticoso e poco retribuito. “Ne stiamo perdendo troppi. Questo è uno dei problemi “.
Questo è un grosso problema per l’agricoltura, soprattutto per l’impollinazione di frutta e noci. Marc Hoffman è un apicoltore e produttore di mele vicino a Washington. “Molte coltivazioni dipendono dall’impollinazione degli insetti”, dice, “e con la nostra agricoltura intensiva, devono esserci le api a fare questo lavoro per noi direttamente nei campi.”
Il miele non è, infatti, l’unico servizio che le api ci offrono. Hoffman dice che il principale valore delle api è l’impollinazione. Senza impollinazione delle api, i raccolti nei frutteti, per esempio, sarebbero inesistenti. “In Cina, in una zona in cui hanno ucciso tutti i loro insetti attraverso l’uso dei pesticidi”, dice Hoffman, “hanno dovuto mettere 30 mila giovani donne a fare il lavoro delle api nei loro campi.”
Ed è per questo, dice ancora Alan Zulich, che trovare la causa e la cura di malattie come quella dell’abbandono dell’alveare è così importante.
“Abbiamo individuato i microorganismi che provocano la malattia, ora altri dovrebbero cercare di stabilire come far fronte a questi agenti patogeni”, dice. “Una volta che si sono identificati i microrganismi associati alla malattia, si può intervenire specificamente contro di essi. Ma, come tutti i virus, il virus iridescente è difficile da trattare. Tuttavia, ci sono modi per trattare il fungo associato e ci sono modi per modificare l’ambiente. Per esempio, questo problema accade di solito in climi più freschi. Quindi, riscaldare un po’ la colonia potrebbe contribuire ad alleviare alcuni dei problemi”.
L’apicoltura risale all’antico Egitto. Ma questa arte antica, di cui l’agricoltura oggi è così dipendente, ha bisogno di un aiuto dalla tecnologia, o almeno è quello che pensano al centro militare Edgewood. Staremo a vedere e a sperare per per i piccoli affaccendati insetti, e per noi stessi.
gaianews.it
14 novembre 2010