Dai maiali agli esseri umani. Si apre infatti la possibilità che i primi diventino nostri donatori di organi. «E questo potrebbe cambiare davvero tutto», dicono gli esperti. È l’ultima svolta nell’uso della tecnologia Crispr- Cas9, il cosiddetto “taglia e incolla del Dna”, racchiusa in una ricerca internazionale fra America, Cina e Danimarca coordinata dall’azienda biotech eGenesis di Cambridge e appena pubblicata sulla rivista
Science.
Per capire la portata dell’evento, basterà dire che lo scorso anno negli Stati Uniti ci sono stati 33 mila trapianti di organi, contro i tremila settecento in Italia, ma con oltre 100 mila persone in lista di attesa. Almeno stando ai numeri forniti dall’organizzazione federale United Networkfor Organ Sharing.
«Se i risultati ottenuti sono questi, si tratta di una svolta importante», conferma Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti del ministero della Salute. «Il problema nel trapiantare organi di maiale è duplice: da un lato i rigetti fortissimi, non si va oltre i pochi mesi, dall’altro lo stesso Dna del maiale da dove vengono i famosi “retrovirus”».
La svolta dell’esperimento fatto del team internazionale sta nell’aver ottenuto nei maiali vivi una vittoria che finora era stata ottenuta solo su cellule coltivate in provetta, ovvero l’eliminazione dei retrovirus endogeni porcini. Sono dei virus scoperti nel 1998, integrati nel genoma del maiale e che possono essere inaspettatamente rilasciati, causando infezioni rischiose per la salute umana in caso di trapianto d’organo. La loro pericolosità è stata verificata in laboratorio dagli stessi ricercatori: i virus sono riusciti ad attaccare dalle cellule porcine quelle umane coltivate nella stessa provetta. Peggio: hanno continuato a propagarsi ad altre cellule umane mai entrate in contatto con quelle animali. Dopo aver individuato la posizione esatta di queste mine vaganti nel Dna porcino, i ricercatori le hanno disinnescate usando le forbici molecolari offerte dalla tecnica Crispr-Cas9.
L’aver eliminato questo fattore apre ora molte possibilità in un campo che si era quasi fermato per quelli che sembravano ostacoli insormontabili. «Il primo trapianto da maiale a uomo? Entro due anni», ha azzardato George Church del gruppo di Harvard che ha partecipato allo studio. «Sarei più cauto», prosegue Nanni Costa. «Aver eliminato un problema non significa aver eliminato anche l’altro. È presto per mettersi a fare previsioni, anche se si tratta di un passo sostanziale». Un passo per noi ovviamente, non certo per i maiali.
Repubblica – 12 agosto 2017