Ministra Madia, dopo 8 anni di blocco avete rinnovato il contratto degli statali. Gli arretrati verranno pagati a febbraio, avete promesso. «Una mancia preelettorale», secondo le opposizioni
«Non è una mancia preelettorale – risponde Marianna Madia, ministra della Pubblica amministrazione – ma il frutto di un lavoro complesso di 4 anni. Dal primo giorno il governo Renzi si è proposto di rimuovere il blocco dei contratti che per noi era un’ingiustizia. Su questo rivendico coerenza perché lo dicevo anche quando stavo all’opposizione. Ovviamente, non si poteva fare in un giorno. Prima abbiamo ridotto i comparti da 11 a 4 e poi abbiamo dovuto cambiare la legge Brunetta, che avrebbe reso impossibile i rinnovo dei contratti».
«Si lavora senza soste per rinnovare i contratti. Ci vorrà il tempo necessario ma vogliamo fare presto. Le ultime tre leggi di Bilancio contengono gli stanziamenti che, secondo la Ragioneria, sono sufficienti a garantire l’impegno preso con i sindacati sugli 85 euro per tutti. Regioni ed enti locali sanno che devono provvedere coi loro bilanci, ma le risorse ci sono».
Veniamo alla riforma della pubblica amministrazione. Secondo l’indagine del Forum Pa, per il 29% dei dipendenti pubblici non è cambiato nulla e un altro 50% dice che gli effetti della riforma non sono apprezzabili. I cittadini, secondo lei, si sono accorti di qualcosa?
«La riforma ha messo in campo un potenziale il cui buon esito dipende da tutti coloro che quotidianamente lavorano per applicarla: dai sindaci ai dirigenti, dagli assessori ai funzionari . Il ministero sta monitorando i risultati. Per le riforme profonde occorre tempo, ma i primi riscontri sono ottimi. Ho girato l’Italia per incontrare sindaci e amministrazioni e vedere come procede. Ho riscontrato buone pratiche al Nord e al Sud. Penso alle soluzioni sul lavoro agile per conciliare impiego e vita familiare a Milano e Bergamo, ma anche alla nuova conferenza dei servizi sperimentata a Reggio Calabria e allo sforzo fatto a Palermo sulla anagrafe unica della popolazione residente».
Sul taglio delle società partecipate siete indietro.
«No, stiamo andando avanti. C’è una struttura al hoc al ministero dell’Economia, che ha ricevuto finora 8.771 piani di razionalizzazione delle partecipate. La risposto l’83%, delle amministrazioni, mancano i piccoli comuni che spesso neppure hanno società. Dai piani emerge che una partecipata su tre chiuderà o subirà un processo di fusione o razionalizzazione. Ciò avverrà entro il 2018, come dice la legge, altrimenti scatteranno le sanzioni che, ricordo, nonostante il consiglio di Stato avesse giudicato sproporzionate, noi abbiamo mantenuto, proprio per dare più efficacia alla riforma».
Uno dei punti dolenti della nostra Pa è l’età media dei dipendenti, superiore a 50 anni. Nel 2018 dovrebbe cominciare il ricambio, è così?
«Sì, abbiamo finalmente sbloccato il turnover negli enti locali. Avevamo ereditato un sistema di reclutamento irrazionale, che coniugava il blocco del turnover con un utilizzo improprio dei precari. Abbiamo varato un sistema ordinato di reclutamento sulla base della programmazione delle professionalità che servono. Prima delle elezioni, nella conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali, definiremo le linee guida per fabbisogni e concorsi. E in tre anni avremo assunto i precari storici».
Che bilancio fa dei suoi 4 anni da ministra?
«Il bilancio è positivo. Ho messo in pratica l’80% di ciò che mi proponevo. Credo che trasparenza degli atti con il Foia, semplificazioni, modulistica unificata,processi digitali, taglio delle partecipate, fine del precariato, rinnovo dei contratti e nuovo sistema di reclutamento siano un patrimonio che ora va attuato in tutto il suo potenziale».
Ha lavorato meglio con Renzi o con Gentiloni?
«Molto bene con entrambi. Sono persone diverse ma di grande livello».
Ma lei si sente oggi più vicina all’uno o all’altro?
«È una domanda senza senso, l’importante è fare squadra»
Perché Renzi è in declino?
«Aspetterei il 4 marzo, prima di parlare di declino. Se penso all’Italia com’era e com’è, oggi sta certamente meglio. Dobbiamo fare una campagna elettorale che unisca l’orgoglio con l’umiltà. L’orgoglio di spiegare le cose fatte con l’umiltà di ascoltare le cose che ancora non vanno».
Gentiloni si candiderà nel collegio di Roma centro. Fa bene?
«Molto bene. Al Pd e a Roma, che è anche la mia città».
Il Pd, per il candidato premier, farebbe meglio a puntare su Renzi o su Gentiloni?
«Noi all’elettorato diciamo la verità, cioè che il segretario del Pd è Matteo Renzi e che il premier lo sceglierà il presidente della Repubblica».
Lei dove sarà candidata?
«Spero a Roma».
Magari a Roma 2 (Flaminio-Montesacro) dove vive?
«Perché no».
Come andranno le elezioni? Difficilmente il Pd sarà il primo partito.
«Non mi dò asticelle, ma credo che il Pd possa arrivare primo».
Il caso Boschi farà perdere voti al Pd?
«Non credo proprio. C’è stato un tale accanimento contro di lei che mi pare sia evidente anche agli elettori».
È possibile un governo Pd-Forza Italia?
«Per quanto mi riguarda no. Il Pd vuole governare con un’alleanza di centrosinistra».
E dei 5 stelle cosa pensa? Molti che in passato hanno votato per il Pd potrebbero passare con loro.
«Sconsiglio di votarli. Essendo romana, intanto suggerirei di farsi un giro per la mia città. Basterebbe questo a convincere chiunque di quanto sia dannosa l’ipotesi di un loro governo».
Enrico Marro – Il Corriere della Sera – 21 gennaio 2018