Federalimentare, l’organismo di Confindustria che raggruppa tutte le imprese food, contesta apertamente l’accordo commerciale tra Ue e Giappone (si veda Il Sole24Ore di ieri). «La Ue ha agito con assenza di trasparenza» dice Luigi Scordamaglia, presidente Federalimentare. Il nodo è quello dei formaggi italiani Dop inseriti nell’accordo che risultano oggetto di pesanti eccezioni che di fatto – denuncia Federalimentare – consentono la loro imitazione ingannevole. «Saranno tutelati – spiega Scordamaglia – i nomi composti Grana padano e Pecorino romano ma chiunque potrà produrre un “grana” o un “pecorino”. Peggio ancora va al Parmigiano reggiano, viene liberamente legittimata la registrazione di un prodotto denominato “Parmesan”».
Pertanto Federalimentare – pur ricordando che l’industria italiana è sempre favorevole agli accordi di libero scambio internazionali quando favoriscono una globalizzazione governata e basata su regole serie e trasparenti – chiede alle autorità politiche di non ratificare l’accordo nell’attuale formulazione a partire dal Parlamento europeo vista l’assenza di tutela di questi principi fondamentali, a meno che non si riescano ad apportare delle correzioni capaci di tutelare i nostri formaggi Dop.
«Piuttosto che rincorrere nuovi accordi senza un’adeguata attenzione ai dettagli applicativi – sottolinea Scordamaglia – la Commissione si concentrasse sulla verifica delle regole di implementazione degli accordi sottoscritti. È quello che sta succedendo nel caso del Ceta in cui un elemento positivo era stato l’aumento della quota di formaggi europei (e quindi italiani) esportabili verso il Canada. Peccato che il meccanismo di attribuzione delle quote ideato dai canadesi stia portando oggi a meccanismi di gestione poco trasparente delle quote stesse che vengono “affittate” con costi stranamente simili a quelli dei dazi formalmente cancellati. Chiediamo alla Ue di bloccare il proliferare di nuovi accordi (Mercosur e Nuova Zelanda) dedicandosi piuttosto alla condivisione e verifica dei dettagli applicativi che sono poi quelli che fanno la differenza».
Vincenzo Chierchia – 24 gennaio 2018 – Il Sole 24 Ore