Molti venivano dal vicino “residence” di Borgo Fiorito, una delle tante strutture usate, all’apice dell’emergenza, per accogliere i richiedenti asilo. Ma molti altri venivano dal resto del Polesine, dal veneziano, dal padovano e anche più in là. Tutti musulmani che si erano radunati, tra martedì e mercoledì, per organizzare la loro «Festa del sacrificio» in questa sperduta località del Delta.
Ma non è stata, come potrebbe sembrare, una sorta di “invasione islamica” di persone intenzionate a imporre usi e costumi estranei alla tradizione locale. Al contrario: è stato uno dei primi esempi, in zona, di “conciliazione” tra un rituale religioso e le norme igienico sanitarie che, in Italia, presiedono alla macellazione degli animali, a tutela della sicurezza alimentare, del benessere animale e della concorrenza. Un compromesso, si potrebbe dire, raggiunto grazie a un’azione di convincimento e coinvolgimento di privati e comunità islamica voluta e organizzata dai servizi veterinari dell’Ulss polesana e dalle forze dell’ordine.
A Cavanella, infatti, lavora, da tempo, un pastore che alleva e porta al pascolo i suoi animali: in questo caso, pecore. Quando, qualche anno fa, gli islamici hanno cominciato ad essere presenti in modo stabile e continuativo, con una loro comunità e il desiderio di mantenere e riprodurre le loro usanze, il pastore in questione è stato uno dei loro primi fornitori di animali per la Festa del sacrificio. Ma, non essendoci strutture organizzate, i musulmani si “arrangiavano”, acquistando le bestie e uccidendole, secondo i loro rituali, dove capitava: nel cortile di casa o nelle golene del Po. Una macellazione che, oltre a provocare le proteste degli animalisti, è assolutamente vietata in Italia, dove è previsto che questa operazione avvenga solo all’interno delle strutture autorizzate e controllate dal personale veterinario delle Ulss.
Per diversi anni i giorni del “sacrificio” (la festa può durare, a seconda delle comunità, dai due ai cinque giorni) hanno visto le forze dell’ordine, spesso accompagnate dai veterinari pubblici, impegnate a verificare le segnalazioni di chi vedeva sgozzare gli agnelli o trovava tracce di sangue in luoghi insoliti. Fino a quando qualcuno ha capito che, forse, la cosa si poteva “legalizzare”. In tutta Europa, infatti, sono previste delle deroghe alla disciplina della macellazione che salvaguardano i rituali halal, per i musulmani, o kosher, per gli ebrei.
Così il pastore in questione, anche per la sua tranquillità dal punto di vista penale, è stato convinto ad acquistare un macello modulare, una struttura a norma, insomma, nella quale si potessero eseguire sotto controllo dell’Ulss, proprio quelle macellazioni che rientravano già nel suo “giro d’affari”.
Il macello è stato impiantato e, pochi giorni fa, ha cominciato a lavorare secondo le regole. I clienti arrivavano dalle province vicine (e anche no) e sceglievano nel recinto degli agnelloni maschi adulti, il loro animale che veniva macellato da un addetto con apposito tesserino autorizzato dall’Ulss e riconosciuto dalla comunità islamica. Un’uccisione senza stordimento ma con il taglio delle giugulare che «provoca anossia al cervello nel giro di tre secondi e non sente più nulla» dice un veterinario. Poi l’animale veniva caricato in macchina e portato a casa dell’acquirente, per essere cotto e mangiato, secondo una tradizione ben più diffusa di quella islamica. In due giorni, a Cavanella Po, sono stati macellati quasi 200 agnelloni e, almeno per quest’anno, non ci sono stati né spettacoli sanguinosi, né scontri di civiltà. (Diego Degan)
Il Gazzettino di Rovigo – 24 agosto 2018