Dal Fatto alimentare. Dopo la pubblicazione dell’articolo sulle nuove norme in materia di macellazione a domicilio in Valle d’Aosta con il parere dell’avvocato Dario Dongo, abbiamo ricevuto la seguente lettera da parte dell’assessore alla sanità della Regione Autonoma.
Le scriviamo in merito all’articolo apparso sul numero della newsletter del 19 ottobre 2016 de “Il Fatto Alimentare” dal titolo “Valle d’Aosta, macellazione a domicilio senza ispezione veterinaria? Il parere dell’avvocato Dario Dongo”, affinché dia cortesemente uguale risalto nel prossimo numero ad alcune precisazioni per conto della Regione Valle D’Aosta e del nostro Assessorato, che ho la responsabilità di gestire. Ci rincresce constatare, infatti, che, nell’articolo, vengono utilizzate espressioni offensive nei confronti del lavoro e della cultura di una Regione e di un popolo di montagna, evidentemente poco conosciuto da chi ha espresso giudizi (Una brutta figura per il sistema-Paese, purché le indecorose previsioni regionali vengano eliminate al più presto… la scelleratezza localistica esporrà il nostro Paese al pubblico ludibrio) e affermazioni che non corrispondono alla realtà dei fatti (Senza ispezione… pericolosa anomalia… in palese contrasto con le regole europee).
In considerazione delle sue caratteristiche geomorfologiche e climatiche, la Valle d’Aosta è una Regione dove l’agricoltura si può praticare solo con grosse difficoltà e con costi di produzione molto elevati. Inoltre gli sbocchi produttivi sono limitati, in quanto le colture compatibili con il difficile ambiente montano sono poche. Tenuto conto della crisi economica che attanaglia anche il settore zootecnico e che nella Regione Valle d’Aosta in tale settore si è inasprita in modo particolare, date le sue condizioni intrinseche di fragilità, legate soprattutto ai costi di produzione elevati, si è ritenuto necessario introdurre attraverso l’approvazione della legge regionale n.16/2016 una serie di misure di flessibilità, la macellazione domiciliare ad uso familiare è una di queste, elaborate e concertate di comune accordo con le associazioni di categoria, al fine di contenere tali costi di produzione e nel pieno rispetto della normativa vigente e dei criteri di salvaguardia della sicurezza alimentare e della sanità e benessere animale.
Infatti il Regio decreto n. 3298 del 20.12.1928, che è tuttora vigente, (e non la normativa europea che non disciplina la macellazione domiciliare e che si applica nei macelli per il destino delle carni alla commercializzazione) prevede all’art.1 la possibilità di eseguire la macellazione a domicilio, fuori dai pubblici macelli, con le modalità stabilite dal successivo art. 13 che così recita: “I privati, che in seguito a domanda abbiano ottenuto dall’autorità comunale l’autorizzazione di macellare a domicilio, debbono darne avviso il giorno innanzi al veterinario comunale, o a chi, a norma dell’art. 6, lo sostituisce. Il detto sanitario fisserà l’ora della visita e della macellazione, allo scopo di poter compiere una completa ed accurata ispezione delle carni”. Quindi la legge regionale non sottrae l’animale alla visita e le carni all’ispezione accurata, ma prevede la possibilità che la visita ante mortem possa non avere luogo in alcune situazioni particolari (aziende in possesso di qualifica sanitaria di ufficialmente indenne per TBC, BRC e LBE, assenza di sintomi sospetti di malattie infettive e di malattie trasmissibili all’uomo, animali in età da non richiedere di essere sottoposti a test per encefalopatia spongiforme trasmissibile -BSE e TSE – bovini di età inferiore a dodici mesi e ovi-caprini al di sotto dei 18 mesi). Si consideri, inoltre, il destino di tali carni che non è la commercializzazione, ma il consumo domestico “Le carni ottenute dalle macellazioni domiciliari possono essere destinate esclusivamente al consumo nell’ambito familiare, previa visita post mortem favorevole… e non possono essere commercializzate né somministrate al pubblico”. Gli artt. 1 e 13 del Regio decreto n. 3298 del 20.12.1928 non sono neppure stati abrogati dal D.Lgs. n. 286/1994, che detta le norme di recepimento di direttive comunitarie sull’immissione in commercio di carni fresche, per cui l’unica fattispecie di macellazione consentita al di fuori dei macelli riconosciuti è quella domiciliare, che ha finalità di natura esclusivamente personale o comunque familiare. Il citato art. 13 fa un preciso riferimento al luogo ove è consentita la macellazione, il quale coincide con il “domicilio”, che giuridicamente è il luogo in cui vivono e svolgono le loro attività le persone fisiche.
Dunque le carni così prodotte debbono essere utilizzate esclusivamente per il soddisfacimento delle persone fisiche che facciano capo al domicilio ove la macellazione è eseguita e che, quindi, il più delle volte coincide con l’ambito familiare. La stessa normativa comunitaria con la DIR. 88/409/CEE, all’art. 1 così dispone: “La presente direttiva lascia impregiudicate le normative nazionali relative alla macellazione di un animale per il fabbisogno personale dell’allevatore, purché tali normative prevedano garanzie per controllare che le carni di detto animale non siano immesse sul mercato“. Per quanto riguarda invece la bollatura sanitaria, essendo stato esplicitamente abrogato l’art. 16 del R.D. n. 3298/1928 e non potendo eseguire la bollatura come previsto dal regolamento CE 854/2004, in quanto le carni non sono destinate alla commercializzazione, si pone comunque il problema di identificarle. Il Ministero della Sanità con propria nota ha dato indicazioni sull’opportunità di individuare modalità di bollatura o identificazione delle carni ove ciò non fosse già disciplinato a livello regionale.
Sulla questione “dell’anomalia” rappresentata dalla Regione nel consentire tale fattispecie di macellazione, si fa presente che analoga normativa è presente da diverso tempo in diverse Regioni e Province autonome, pur con diverse sfaccettature (Abruzzo, Lazio, Sardegna, Liguria, Bolzano, ecc.).
Dopo questa doverosa precisazione, si segnala che, al fine di superare il ricorso dinanzi alla Corte costituzionale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, l’Amministrazione regionale ha richiesto sin da subito l’avvio di un tavolo di confronto con i Ministeri competenti per addivenire, in spirito di leale collaborazione, ad una sintesi tra la disciplina legislativa regionale e alcuni aspetti da approfondire, nell’interesse del settore e soprattutto della comunità.
Laurent Viérin, assessore alla sanità, salute e politiche sociali della Regione Autonoma Valle d’Aosta
Il fatto alimentare – 30 ottobre 2016