Nei giorni scorsi, una start up nata nel 2015 nella Silicon Valley (California), è stata valutata circa 40 milioni di dollari. Zume Pizza – questo il nome della società – ha messo a punto una macchina in grado di preparare 228 tipi di pizza in un’ora. Con la prospettiva di creare non pochi problemi ai due colossi americani della pista fast, Domino’s e Pizza Hut. Una buona parte dei componenti di questa meraviglia tecnologica ha una matrice made in Italy.
L’anno scorso l’industria meccanica che produce impianti e macchine per l’alimentare ha sfiorato i 3,5 miliardi di valore all’export, cifra che sarà certamente superata a chiusura del 2016, visto che i numeri sono migliori anche delle previsioni. La produzione totale ha raggiunto i 5,2 miliardi, in crescita di oltre il tre per cento sull’anno precedente. La stima per tutto il 2016 parla di un valore della produzione in rialzo dell’1,6% e dell’export a +1,9% con un livello occupazionale sostanzialmente stabile. «Rappresentiamo una parte non banale delle esportazioni manifatturiere del Paese», spiega Marco Nocivelli, presidente di Assofoodtec, l’associazione che raggruppa i principali nomi di questo particolare comparto dell’industria nazionale.
Primo fattore non di poco conto: se lo scorso anno al Cibus di Parma le aziende alimentari hanno potuto presentare più di 1.500 prodotti innovativi, lo devono in massima parte alla capacità dell’industria che costruisce gli impianti. Al lavoro di innovazione e ricerca degli ingegneri che «sono in grado – aggiunge Nocivelli – di studiare e analizzare le richieste e proporre le soluzioni migliori. Non perdendo di vista quelli che sono parametri imprescindibili: sicurezza, salubrità e mantenimento del gusto».
Per sottolineare questo rapporto quasi di simbiosi, Nocivelli utilizza lo slogan “ottime tecnologie per un ottimo cibo” che, in questo caso, non è solo made in Italy. I costruttori italiani, infatti, lavorano per la maggior parte delle industrie alimentari del mondo: dagli Stati Uniti all’Asia, al Sud America. Rosicchiando già da qualche anno quote di mercato ai concorrenti tedeschi. «Proprio perchè – spiega ancora il presidente di Assofoodtec – le nostre aziende sanno coniugare soluzioni tecnologiche, salvaguardia delle materie prime alimentari e un ottimo design».
L’industria italiana è in grado di proporre un ventaglio completo di produzioni, ma è particolarmente forte nella costruzione di impianti frigoriferi industriali e per il commercio, di impianti e forni per pane, biscotti pasticceria e pizza, in macchine professionali per il caffè espresso (linea bar). «Abbiamo potenziali importanti di crescita – aggiunge Nocivelli – la varietà del cibo italiano comporta una analoga varietà di innovazione. All’interno del concetto industriale sappiamo collocare un concetto di artigianalità delle lavorazioni, che alla fine è la caratteristica saliente delle nostre produzioni».
Di potenziale di crescita parla anche una recente analisi di questo settore industriale realizzata da Sace, società finanziaria del gruppo Cassa depositi e prestiti (Cdp). «In un approccio di filiera – scrive il report – macchinari e alimenti possono essere due facce della stessa medaglia. La possibilità di fare sistema tra queste due eccellenze produttive, apre nuove possibilità nell’identificazione dei mercati di opportunità e di nuove strade nell’espansione dell’export». Focalizzandosi su sei comparti di opportunità (pasta, vino, formaggio, macchinari per la pasta, macchinari per il vino e macchinari per il formaggio) e su quattro destinazioni (Stati Uniti, Cina, India e Messico), diverse per dimensioni e caratteristiche ma ad alto potenziale indica Sace – sarebbe possibile ottenere oltre 400 milioni di euro di export aggiuntivo entro il 2019. Il maggior export potenziale è trainato particolarmente dal comparto del vino e dagli Stati Uniti.
Il 25 ottobre Parma diventerà la vetrina internazionale di questo particolare settore industriale, con oltre 1.200 espositori nel centro fieristico. «Cibus Tec si conferma l’appuntamento fieristico ad altissima specializzazione. Un’offerta espositiva unica, capace di soddisfare le esigenze degli operatori internazionali che potranno trovare le migliori soluzioni tecnologiche che proprio in Italia e in particolar modo a Parma trovano le applicazioni più innovative e raffinate», dice Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di Parma.
Nella cittadina emiliana sarà presente anche Alessandro Turatti responsabile della consociata americana del gruppo Turatti di Cavarzere (Venezia). La società, già presente da alcuni anni sul mercato del Nord America, sta realizzando un investimento di cinque milioni di dollari a Salinas, in California, per un grosso impianto di lavorazione e confezionamento di insalata e verdure in foglia come gli spinaci. «In questa area – spiega Turatti – viene coltivato e lavorato l’80% dell’insalata prodotta in California per il mercato statunitense. Le insalate pronte in busta hanno tassi di vendita in costante crescita e stiamo sviluppando linee di lavorazione completamente automatizzate. Fino a poco tempo fa questo genere di lavoro era affidato a mano d’opera in prevalenza messicana. Adesso le compagnie alimentari preferiscono affidare queste operazioni ai sistemi automatizzati».
Turatti realizza il 45% dell’export proprio in Nord America. Recentemente il gruppo industriale veneto ha consegnato alla multinazionale Dole un impianto con venti linee di processo per sette tonnellate di capacità l’ora di insalata. Ormai da molti anni, Turatti implementa i mototamburi Interroll nei propri macchinari e impianti per la movimentazione in linea di prodotti ortofrutticoli. Grazie alla concezione compatta e igienica, i mototamburi sono un elemento cruciale degli impianti Turatti. Turatti e Interroll sono entrambi sostenitori e membri attivi della Ehedg (European Hygienic Engineering & Design Group) e operano per elevare i requisiti di sicurezza e igiene connessi agli alimenti.
Roberto Iotti – Il Sole 24 Ore – 24 ottobre 2016