Walter Passerini. Certo è che dall’era Mastrapasqua all’era Boeri il salto è grosso. Dalla famosa battuta dell’allora presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua («Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai precari rischieremmo un sommovimento sociale») oggi cinque anni dopo siamo all’Operazione porte aperte dell’attuale presidente, Tito Boeri, che lancia la rivoluzione arancione dell’Inps, dal colore della busta che sta arrivando nelle case di 7 milioni di italiani.
La prova è rischiosa e potrebbe trasformarsi in un boomerang, se non è accompagnata da monitoraggi e spiegazioni continue. Si sono scatenati conteggi e simulazioni fatte da privati, non sempre attendibili, perché le incognite sono molte e influiscono sul valore del cosiddetto montante. Si chiamano andamento del Pil (l’Inps è generoso quando accredita una crescita dell’1,5%, servono anche parametri più prudenti e realistici); crescita dell’inflazione, oggi catatonica, domani chissà; carriera della persona, che può essere ondivaga, straordinaria o immobile.
Solo queste tre incognite rendono le simulazioni ambivalenti, a cui se ne aggiungono altre come i coefficienti di trasformazione e il tasso di sostituzione (rapporto tra ultimo reddito e pensione), che negli esempi apparsi balla dal 35% all’83%. Colpisce l’esempio diffuso dall’Inps della signora Maria il cui tasso di sostituzione è del 39%, tutt’altro che generoso. C’è poi il rapporto tra pensione lorda e netta che genera il gioco delle aliquote e c’è il tema della lunga durata: fare simulazioni al 2050 è un puro esercizio di stile che si scioglie come neve al sole. Attendiamo le reazioni delle persone che riceveranno la busta arancione.
L’unica certezza (forse) al suo interno è l’estratto conto dei contributi versati, che potrebbe presentare buchi e sorprese: da qui parte la ricostruzione del proprio percorso previdenziale. Boeri, cultore della teoria delle scelte razionali, sa bene di avere in mano una materia incandescente: infatti a condizionare le scelte c’è molta emotività e irrazionalità. In ogni caso gli va riconosciuto il coraggio di aver mantenuto una promessa e un principio: l’informazione è il sale della democrazia. Se la prima «I» è l’informazione con le sue incognite, vi sono poi altre due «I» che possono contare: l’intergenerazionalità e l’integrativa. L’intergenerazionalità tra chi esce e chi entra non è un algoritmo; le staffette giovani e anziani sono determinate da scelte personali e poco razionali: quanti pensionandi lasceranno il lavoro con la pensione flessibile?
Infine l’integrativa. Tra le praterie selvagge del rischio meglio scegliere i fondi negoziali e complementari, che devono vedere l’innalzamento del tetto deducibile di 5 mila euro e la riduzione della tassazione, sciaguratamente passata dall’11% al 20%. Intanto nelle città d’Italia si vedono autobus itineranti targati Inps con striscioni e materiali di informazione ed educazione previdenziale per i giovani. Lo slogan è però quasi un ossimoro: «Vivi il presente. Guarda al futuro». Che è come dire: come fa la cicala a diventare formica?
La Stampa – 27 aprile 2016