Neppure il tempo di archiviare il (fallito) referendum sulle trivellazioni in mare, e fare ordine tra le mille contraddizioni emerse in queste settimane, che già in Regione si apre un nuovo fronte, quello relativo alle estrazioni in terraferma.
Il Movimento Cinque Stelle, col senatore Enrico Cappelletti, ha sollevato sabato il caso dell’impianto Appennine Energy in funzione a Nervesa della Battaglia, nel Trevigiano (60 mila metri cubi di gas estratti ogni giorno), autorizzato dalla Regione dopo parere favorevole della commissione Via, e ha accusato il governatore Luca Zaia di «predicare bene e razzolare male» visto che da un lato dice no alle trivelle in mare ma dall’altro dice sì a quelle ai piedi del Montello. Ora il capogruppo pentastellato in consiglio regionale, Jacopo Berti, chiede al governatore di dar prova della sua coerenza, facendosi promotore con la stessa verve mostrata in questi giorni di un’analoga mobilitazione contro gli impianti nel Trevigiano, suo storico feudo: «Altrimenti potrebbe venire il sospetto che il suo attivismo fosse legato soltanto alla carica antirenziana che il referendum ha finito per assumere – chiosa Berti -. Noi vogliamo credere nella sua coerenza, che la sua fosse una battaglia nel merito e non ideologica. Per questo ci attendiamo che Zaia faccia di tutto per fermare anche le estrazioni in terraferma». Divieto totale, insomma, sulla scia di quanto deciso nell’ottobre scorso per l’area del Parco del Delta del Po (in quanto tale, però, ricadente sotto giurisdizione regionale). In cambio, i Cinque Stelle assicurano appoggio sulla proposta di azzeramento del quorum, vecchio pallino di Grillo rilanciato domenica sera da Zaia, e suggeriscono di attivare il voto digitale, così come fatto in Lombardia per il referendum autonomista.
La Regione, rispondendo a Cappelletti, si è difesa sostenendo che il suo via libera è stato «prettamente tecnico» e che sul piano amministrativo è impossibile bloccare una concessione data dal ministero dello Sviluppo e autorizzata dai tecnici della commissione Via. Ma il dem Andrea Zanoni non ci sta: «Non è vero che la Regione non può fare nulla. Può controllare, verificare, interloquire con le autorità di controllo. E tra queste ci sono l’Arpav e il Genio civile, che non dipendono certo dallo Stato. Insomma, i margini per intervenire ci sono eccome». Anche perché, continua l’ambientalista Pd, non c’è mica solo Nervesa. Non molto lontano da lì, a Collalto di Susegana, «nel bel mezzo delle colline del Prosecco che Zaia vorrebbe inserire tra i patrimoni dell’Unesco», c’è un sito di stoccaggio dell’Edison che «solo dopo due mie interrogazioni verrà sottoposto alle verifiche della direttiva Seveso Tre, quella sulla correlazione tra le estrazioni e i terremoti».
La concessione di Collalto, data nel 1994 e ampliata nel 2009, si estende su 89 chilometri quadrati e comprende una centrale di raccolta a cui sono allacciati 17 pozzi di stoccaggio, 3 pozzi di monitoraggio ed un pozzo di produzione, per una capacità a pieno regime di 800 milioni di metri cubi di gas. «Sul finire del 2015 – ricorda Zanoni – in California, in un sito di stoccaggio di questo tipo si è verificato un incidente dalle conseguenze seconde solo al disastro del 2010 nel Golfo del Messico». L’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin ride amaro: «Questi del Pd sono davvero forti. Il loro premier, che incidentalmente è pure segretario del partito, dà il via libera alle trivelle e loro se la prendono con Zaia, che le combatte, fingendo di non sapere che la Regione non può far nulla, perché tutto dipende dal ministero e da organi tecnici come la commissione Via. Comunque stiano tranquilli che tutto ciò che potevamo fare è stato fatto, con prescrizioni severissime, il coinvolgimento dell’Arpav, del Genio e perfino dell’Istituto di Oceanografia e di Geofisica di Trieste. Solo a Collalto ci sono 10 stazioni di controllo».
Detto della contraddizione evidenziata da Bottacin tra Pd Veneto e Pd nazionale (con la capogruppo Alessandra Moretti astenutasi davanti ad un quesito «confuso, pretestuoso e ulta tecnico» mentre il resto del suo gruppo votava compatto per il «sì») e di quella sottolineata dal M5s quanto a Zaia e alla Lega (dato per acquisito che il via libera della Regione è stato soltanto tecnico, comunque non si ricorda in difesa di Nervesa e Collalto una guerra come quella scatenata in questi giorni e pure Matteo Salvini è apparso assai tiepido sull’argomento rispetto al solito), resta il fatto che dopo il voto di domenica in realtà nulla cambia per il Veneto, dove il divieto imposto dal 1991 a difesa del Golfo di Venezia, per via del rischio subsidenza, blocca tutte le concessioni. In Alto Adriatico, entro le 12 miglia, se ne contano 4 di ricerca e 6 di coltivazione; l’unica piattaforma, «Ada 2-3-4» costruita nel 1982 al largo di Chioggia, per le stesse ragioni non è neppure allacciata alla rete. E però, c’è un però: grazie alla norma voluta dal Governo, ora quelle concessioni «congelate», potrebbero essere rinnovate fino ad esaurimento dei giacimenti (in 4 casi Eni ha già fatto istanza di proroga). E se tra qualche anno la scienza dovesse dimostrare che non c’è alcuna correlazione tra le trivellazioni e la subsidenza?
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 19 aprile 2016