La coppia di esemplari che si è stabilita sull’altopiano è una ricchezza per il Parco naturale. L’unica strada è quella della convivenza, e Lonardoni smentisce le voci: «Non curiamo la reintroduzione di specie nell’area protetta senza un piano di reinserimento»
Gli esperti non hanno più dubbi sulla sua presenza in Lessinia: con il lupo si deve imparare a convivere Bosco Chiesanuova. Slavc il giovane lupo sloveno provvisto di radiocollare dal 6 marzo vive stabilmente in Lessinia con la sua presumibile compagna, come le tracce sulla neve raccolte da agenti del Corpo forestale dello Stato e guardaparco hanno certificato, osservazioni confortate dal tracciato del Gps-fix che ha confermato la presenza del lupo nell’Alta Lessinia nel Comune di Bosco Chiesanuova. Questo pone delle domande e avvia una fase delicatissima, che è quella dell’accettazione sul territorio di una nuova presenza. «Chiedo cautela perché non siamo certi che questa sia una coppia e che sia una coppia stabile sul nostro territorio», precisa Sonia Calderola, dell’Unità regionale caccia e pesca e responsabile della pianificazione faunistico-venatoria, «tuttavia posso dire di sperarlo e di poterlo sapere presto con certezza grazie alle analisi genetiche. Riconosco che non è una presenza inaspettata, dopo l’arrivo dell’orso, e segnali del passaggio di altri lupi all’interno del confine regionale. Per la Lessinia significa che la valenza ecologica del suo ambiente è alta e grazie alle cose incredibili che ci permette di scoprire il radiocollare, possiamo ormai dire con sicurezza che esistono dei corridoi privilegiati, percorsi dai grandi carnivori anche a distanza di anni ma con una metodologia che rivela sorprendenti analogie. Significa che il territorio visto con gli occhi dei grandi carnivori è diverso da quello che vediamo con i nostri occhi», precisa la responsabile regionale. È sulla stessa sponda anche il direttore del Parco naturale regionale della Lessinia Diego Lonardoni: «Spesso sono interpellato su segnalazioni, ipotesi, incontri, avvistamenti di animali selvatici dentro e fuori il Parco. Si dice che noi sappiamo ma che non vogliamo rivelare. Non è mai successo, una volta verificata la veridicità di certe affermazioni con gli enti e organismi contermini, che il Parco abbia nascosto qualcosa. Questo vale anche per le ipotesi fantasiose che l’ente, o chi per esso, curi la reintroduzione di specie nell’area protetta senza un documentato piano di reinserimento che è pubblico e ampiamente divulgato. «Piuttosto, faccio notare che il radiocollare non è un telecomando», ricorda Lonardoni, «che ci permette di mandare un qualsiasi animale in una direzione piuttosto che in un’altra. Prendo atto invece di poter disporre di una squadra di esperti e appassionati che si occupa con orgoglio e al meglio delle proprie possibilità, e anche oltre, di gestire un evento che fino a poco tempo fa era impensabile, ultimamente poteva essere creduto una suggestione ma oggi possiamo dire con certezza che si tratta di una realtà e di un patrimonio che negli anni passati era stato eliminato o tenuto lontano». Felici dunque di poter essere i primi ad assistere al rientro dei grandi carnivori su un territorio in cui ci sono stati per millenni, ma ora come va affrontato da un punto di vista culturale e pratico questa presenza non semplice da spiegare in un momento in cui è alle porte la stagione dell’alpeggio? «Non c’è nessun problema a incontrare la popolazione e le varie categorie, dagli allevatori ai cacciatori, per spiegare il punto di vista della Regione e le azioni che si possono avviare per la convivenza», aggiunge Calderola, che si dice pronta a essere in prima persona negli incontri. «Infatti tocca a noi come istituzioni muoverci», concorda Lonardoni, «e interlocutori privilegiati saranno coloro che vivono e lavorano in Lessinia e nel Parco, territorio che è di tutti e quando dico tutti intendo persone e animali, Ma ci sono specie che oggettivamente rappresentano uno squilibrio e mi riferisco a cinghiali e marmotte: certo non possiamo obbligare i lupi a mangiare quello che decidiamo noi, ma se un territorio ha abbondanza di offerta di questo tipo è presumibile che l’interesse dei predatori sia orientato a questo. Dico di più a proposto dei cinghiali», avverte il direttore del Parco, «perché la situazione è talmente compromessa sul territorio che chiediamo che il prelievo sia esteso anche al Parco, sia con la tecnica della battuta con cani nei vaj, dove è più difficile stanarli, sia da postazione fissa su altana nelle zone di riserva. Non sarebbe altro che l’estensione del piano operativo già attuato dalla Provincia e che al momento è l’unica soluzione che possiamo dare al territorio. Capisco che è una forzatura normativa se viene chiesto da me, ma ho ampie possibilità di dimostrare l’aumento esponenziale della richiesta di danni per questo tipo di presenze a cui l’ente ormai non può più far fronte», conclude Lonardoni.
L’Arena – 24 aprile 2012