«Di fronte alle emergenze sanitarie, dobbiamo mettere in atto rapidamente le risposte più avanzate, conoscere le innovazioni biomediche rilevanti, avere la capacità di sviluppare e accumulare componenti essenziali», ha detto qui a Bruxelles Stella Kyriakides, commissaria per la salute, riprendendo l’idea di una unione della salute emersa in settembre (si veda Il Sole/24 Ore del 17 settembre). La crisi di questi mesi ha mostrato che in un mercato unico la sola reazione nazionale è inutile, se non deleteria.
La Commissione vuole quindi presentare a breve un progetto di legge che obbligherà i paesi a rafforzare i piani di preparazione alle pandemie o alle crisi sanitarie, migliorare la sorveglianza sul territorio, promuovere lo scambio di dati tra i governi, e permettere all’esecutivo comunitario di far scattare lo stato di emergenza sanitaria. Bruxelles fonda le sue proposte sulla necessità di salvaguardare il mercato unico. La salute è però compito prettamente nazionale: il negoziato con i Ventisette non sarà facile.
In ottobre, prima di un vertice europeo il premier olandese Mark Rutte aveva ricordato la sovranità del singolo paese: «Nella lotta contro la crisi epidemiologica e virologica, l’Europa non ha alcun valore aggiunto», aveva addirittura aggiunto. Nel contempo, tuttavia, i Ventisette hanno dato mandato alla Commissione europea di negoziare a nome loro con le case produttrici di vaccini pur di godere al momento delle trattative del potere negoziale dell’Unione.
Oltre all’annunciato regolamento, la Commissione europea ha anche presentato prossimi cambiamenti istituzionali. Vuole proporre un rafforzamento dell’Agenzia europea del Farmaco. Oggi l’Ema, che ha sede ad Amsterdam, autorizza i medicinali sul mercato unico, ma è poco preparata a gestire crisi sanitarie. Secondo la signora Kyriakides deve dotarsi di una struttura d’emergenza, velocizzare le procedure di autorizzazione, evitare eventuali carenze di medicine.
Anche il Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (ECDC), con sede a Stoccolma, deve cambiare. Oggi è un organismo di consulenza. Deve poter emettere raccomandazioni a livello nazionale e mobilitare gruppi di lavoro da inviare negli eventuali focolai. L’organismo è stato criticato non poco in questi mesi. Privato di strumenti giuridici e di mezzi finanziari, l’ECDC ha dimostrato purtroppo di avere una influenza limitata a livello comunitario.
Bruxelles propone inoltre la creazione di una nuova autorità, dedicata alla risposta nel caso di emergenze sanitarie. Il nuovo ente (la Health Emergency Response Authority) dovrebbe nascere nel 2023. Il modello è l’Autorità americana per la ricerca e lo sviluppo nel campo biomedico. Nota con l’acronimo BARDA, l’agenzia americana, creata nel 2006, conta 150 dipendenti, un bilancio di 1,6 miliardi di dollari e fa da tramite fra la mano pubblica e la ricerca privata.
Proprio ieri, sempre la Commissione ha firmato un contratto con l’americana Pfizer e la tedesca BioNTech per 300 milioni di dosi di un vaccino anti-Covid 19. Le due società, le quali lunedì hanno annunciato che il loro siero risulta efficace al 90%, si aspettano le prime consegne entro fine anno, ammesso che il prodotto riceva il necessario benestare. Bruxelles ha già siglato precontratti anche con l’anglo-svedese AstraZeneca, l’americana Johnson & Johnson e la franco-britannica Sanofi-GSK.
La firma dei contratti spetta poi ai singoli governi europei. Berlino spera di ottenere 100 milioni di dosi da Pfizer-BioNTech per un totale di 50 milioni di persone (il vaccino richiede l’inoculazione di due distinte dosi). Nella sua conferenza stampa, la signora Kyriakides si è voluta cauta sui tempi: «Vi sono ancora numerose tappe da superare prima di annunciare un qualsivoglia calendario». Intanto, i Ventisette hanno demandato alla Commissione di preparare una campagna di vaccinazioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Beda Romano