Il Corriere del Veneto. Squadra che vince non si cambia. Come avvenne già in autunno, quando Veneto, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia parteciparono insieme alla gara per l’acquisizione di tamponi rapidi antigenici, la stessa cosa potrebbe accadere ora per il vaccino anti Covid: la corsa delle tre regioni all’acquisto in autonomia è già iniziata. Ma non solo: anche il Piemonte del governatore Alberto Cirio starebbe valutando di fare «massa critica» e di partecipare insieme a loro alla procedura fai da te.
Già, ma di che vaccino si tratterebbe? Luca Zaia, il governatore del Veneto, ha rivelato ieri che «ci sono arrivate altre tre proposte di acquisto, dopo le due già giunte alla Direzione regionale Sanità» e la cosa — ha confermato — «potrebbe interessare più regioni, come Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia, perché la quantità minima obbligatoria per la vendita è rilevante». Stiamo parlando di decine di milioni di dosi, troppe per il Veneto che da solo conta 5 milioni scarsi di abitanti.
La trattativa sarebbe già arrivata al «nero su bianco», il direttore generale della sanità veneta Luciano Flor «ha voluto concretizzare con un’azienda per un accordo scritto — ha aggiunto Zaia —, vedremo che contratto arriverà». Sull’identità dell’azienda per ora c’è il «massimo riserbo» ma pare di capire che il Veneto acquisterebbe vaccini da Pfizer in laboratori orientali o comunque extraeuropei per aggirare i vincoli e i contratti già firmati dell’Ue.
In che modo? «Oggi c’è un nuovo scenario — ha spiegato ieri il governatore — C’è una quota di vaccini che è in mano ad intermediari a livello mondiale, professionisti e non faccendieri. Se è vero così, se il camion si carica alla fabbrica, la cosa si fa interessante». Cioè possibile.
Di certo, però, le Regioni non vogliono arrivare allo scontro col governo: «Sull’eventuale acquisto autonomo di vaccini da parte del Veneto avremo sempre un’interlocuzione con il ministero — assicura Zaia —. E se le carte non sono tutte a posto non si procederà di un millimetro».
Anche fonti vicine al governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, confermano che l’intesa col Veneto ci sarebbe. Un’ipotesi molto concreta di cui ieri ha parlato pure Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna, la regione che proprio insieme al Veneto, tramite importatori italiani, acquistò ad ottobre da Svizzera, Spagna e alcuni mercati extraeuropei tra cui l’India, centinaia di migliaia di dosi di vaccino antinfluenzale dopo aver ricevuto l’autorizzazione dall’Aifa, l’autorità italiana del farmaco. Una formula che, come per i test antigenici, si rivelò vincente: «La gara andò a buon fine — ricorda l’assessore alla salute dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini — Se necessario, dunque, l’esperienza si potrà ripetere anche per i vaccini anti-Covid. Abbiamo già dato la nostra disponibilità». Ma altre regioni ci stanno pensando. Il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, oggi incontrerà le Camere di Commercio per preparare insieme una proposta per il governo: l’idea di fondo sarebbe quella di acquistare in autonomia i vaccini anti Covid sul mercato e poi girarli alle aziende affinché pensino loro, con l’ausilio dei medici del lavoro, a vaccinare i dipendenti. Anche il presidente della Commissione Sanità della Campania, Vincenzo Alaia, dice di essere «pronto a sostenere il presidente De Luca se dovesse decidere di acquistare direttamente i vaccini, perché non possiamo correre il rischio che eventuali inadempienze delle case farmaceutiche o disorganizzazioni a livello centrale possano causare ritardi nell’attuazione del piano regionale di vaccinazione».
Nessuno, però, si muoverà senza l’accordo con Roma: «Siamo pronti ad acquistare vaccini solo se autorizzati», taglia corto il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, a cui tutto sommato andrebbe bene anche il vaccino russo («Lo Sputnik? Dico no alle ideologie, la vita innanzitutto…»). Proprio lo Sputnik, ha rivelato ieri Zaia, è stato offerto al Veneto insieme al vaccino cinese, «ma finché non verranno approvati dall’Ema — ha chiosato il governatore — non si fa nulla».