Premiare gli allevamenti o punirli? Il dubbio serpeggia nella stanze delle istituzioni europee e si concretizza nelle votazioni che si stanno susseguendo in questi mesi. La spaccatura si sta consumando in particolare nelle opposte posizioni tra la commissione Ambiente e quella Agricoltura. La prima il 24 maggio ha votato con una netta maggioranza per includere le stalle con oltre 300 bovini adulti nella direttiva sulle emissioni industriali (Ied). La seconda ha invece affossato a inizio settimana (il 22 maggio) la direttiva sulla protezione della natura, che chiedeva di sottrarre alla produzione agricola (ma non solo) il 20% circa dei suoli per poter avviare il ripristino della biodiversità. Oltre alle scaramucce tra commissioni, a causa del sovrapporsi di competenze, è l’impianto generale proposto dalla Commissione europea a partire dal Green Deal a mostrare alcune contraddizioni. Di sicuro l’esecutivo europeo ha perso consensi tra gli agricoltori per aver proposto norme troppo “punitive” nei loro confronti.
Bovini inclusi
In commissione Ambiente i deputati hanno appoggiato la proposta della Commissione di estendere la Ied a varie tipologie di impianti, inclusi gli allevamenti intensivi. Questi ultimi erano già sottoposti nella normativa precedente, ma solo per polli e suini. Risultavano escluse le stalle di bovini, nonostante siano reputati tra i principali responsabili delle emissioni di metano, mentre le carni rosse sono accusate di causare problemi di salute quando eccedono nelle diete. Nello specifico, per quanto riguarda gli allevamenti, i deputati hanno votato per includere quelli di suini e pollame con più di 200 unità di bestiame (Ula) e gli allevamenti di bovini con 300 Ula o più. Nei casi in cui le aziende allevano più di un tipo di questi animali, il limite dovrebbe essere di 250 Ula. I deputati, su input dei ministri dell’Ambiente degli Stati membri, hanno proposto invece di escludere le aziende che allevano animali in modo estensivo, a prescindere dal numero. Nella sua proposta originale la Commissione aveva proposto una soglia più bassa, pari di 150 unità adulte per tutto il bestiame. I deputati sarebbero quindi andati incontro alle richieste delle organizzazioni agricole, che ciò nonostante si sono dette molto deluse dal voto. Puntavano ad una totale esclusione delle stalle di bovini.
Cosa comporta la direttiva
In concreto, la direttiva sulle emissioni industriali stabilisce le regole per la prevenzione e il controllo dell’inquinamento prodotto dalle emissioni dei grandi impianti agroindustriali nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Viene vista come un pilastro del Green deal europeo, il patto per l’ambiente varato per realizzare la transizione verde e circolare dell’industria dell’Ue. Gli impianti che ricadono nella normativa possono operare solo se ottengono un’autorizzazione, rilasciata dalle autorità nazionali, ad eccezione di alcune aziende agricole che hanno solo l’obbligo di registrarsi. Al fine di prevenire e controllare meglio l’inquinamento, la revisione della direttiva prevede che le autorità nazionali riducano ulteriormente i valori limite di emissione degli inquinanti, sulla base delle cosiddette “migliori tecniche disponibili” (Bat), nel momento in cui ci sia una revisione delle autorizzazioni o vengano definite nuove condizioni.
Rassicurazioni
Il regolamento relativo alle emissioni industriali è stato adottato con 78 voti a favore, 3 contrari e 5 astensioni. “La nostra posizione prevede uno spazio di respiro per le imprese attraverso periodi di transizione ragionevoli per prepararsi ai nuovi requisiti, nonché procedure accelerate per i permessi e flessibilità per le tecniche emergenti”, ha affermato dopo il voto il relatore bulgaro Radan Kanev del Partito popolare europeo, assicurando che le nuove norme sono realistiche, economicamente fattibili e non minacciano la competitività.
Costi maggiori
L’organizzazione Copa-Cogeca, sotto cui si riuniscono aziende e cooperative europee, ha immediatamente stigmatizzato il voto della commissione Ambiente. “Da quando è entrata in vigore nel 2010, l’esperienza con la Ied ha dimostrato che la sua attuazione è costosa e onerosa dal punto di vista amministrativo. Estenderla alla maggior parte delle aziende zootecniche … avrebbe conseguenze insostenibili per i produttori, le loro famiglie e le nostre zone rurali”, ha commentato in una nota l’organizzazione. Secondo i suoi calcoli, con le nuove soglie 1 allevamento di suini e pollame su 2 in Europa verrebbe incluso nel campo di applicazione della revisione. Gli agricoltori temono l’aggiunta sulle loro spalle di ulteriori oneri, sia burocratici che finanziari.
Questione di coerenza
La decisione, scrive ancora la Copa-Cogeca, “solleva interrogativi sulla coerenza complessiva degli approcci decisionali dell’Ue quando si tratta di bestiame, che un giorno viene considerato un fornitore di soluzioni, come la strategia REPower Europe che richiede un aumento della produzione di biogas nelle aziende agricole, e il giorno dopo viene punito con la Ied”. La Commissione europea nel suo piano sulle fonti energetiche ha in effetti puntato su biogas e biocarburanti, oltre che sulle rinnovabili, per accelerare la transizione energetica e liberarsi dalla dipendenza dal gas di Vladimir Putin. Per questa ragione sia Germania che Francia hanno intrapreso e/o accelerato la costruzione di grandi impianti a biogas per recuperare in maniera più efficiente il letame e le altre sostanze prodotte dal settore agricolo per ricavarne energia “pulita”.