Emanuele Bonini. Un’imposta nazionale sulle discariche. Ecco ciò di cui avrebbe bisogno l’Italia per risolvere una volta per tutte il problema della gestione dei rifiuti, secondo la Commissione europea. Nel rapporto sull’attuazione delle politiche ambientali della Ue, l’esecutivo comunitario raccomanda al Paese di «introdurre un’imposta nazionale sulle discariche o armonizzare le sue imposte regionali per ridurre il conferimento» negli invasi. Questo permetterebbe di utilizzare la capacità di trattamento dell’immondizia in modo più efficiente. Più in generale, però, Bruxelles suggerisce una più ampia riforma del sistema di tassazione ambientale per disincentivare cattive pratiche.
L’Italia sconta retaggi culturali e ritardi che aveva già prima dell’adozione delle normative comunitarie. Seppur a fatica si sta recuperando, come mostrano i dati sul riciclo di rifiuti urbani. Il riutilizzo degli scarti riguarda il 45% dei sacchetti di spazzatura, meglio della media Ue (44%). Permangono però divari Nord-Sud da colmare, per aumentare i tassi di riciclo nelle regioni meno virtuose, e chiudere anche le quattro procedure d’infrazione aperte. Due di queste finora sono costate oltre 200 milioni di euro tra emergenza in Campania (86) e siti abusivi (141).
Ancor più salato è il conto che si rischia di dover pagare per l’inquinamento dell’aria. La qualità di quella che si respira nella penisola «continua a destare preoccupazioni». Il 60% degli italiani vive per più di 35 giorni in un anno oltre i limiti di polveri sottili (Pm10) e biossido di azoto (NO2). Si tratta di «violazioni persistenti» degli obiettivi Ue, motivo di procedure d’infrazione su cui la Commissione europea è decisa ad andare avanti. Il parere motivato sul biossido di azoto è in agenda il 15 febbraio. «Stiamo lavorando con l’Italia», ha ricordato il commissario per l’Ambiente, Karmenu Vella. Se come sembra dovesse far progredire il dossier, deferimento alla Corte e possibile maxi-multa sarebbero scenari più che probabili.
Non è solo questione di rifiuti e qualità dell’aria. Anche il trattamento delle acque reflue per l’esecutivo comunitario è «motivo di preoccupazione persistente», in particolare nel Mezzogiorno. Ci sono circa 80 agglomerati urbani non a norma, nonostante i richiami europei. Manca poi una definizione di Zone speciali di conservazione di flora e fauna (Zsc), con più del 50% delle specie protette che si trova in uno stato di conservazione «sfavorevole» (17%) e «inadeguato» (33,9%). Ancora, il sistema Paese è «significativamente in ritardo» nel rispetto degli obiettivi di riduzione dell’inquinamento acustico.
Data la situazione, per l’esecutivo Ue l’Italia «dovrebbe considerare» la creazione di una commissione speciale per valutare le misure più idonee per la riforma del sistema di tassazione ambientale. Un modo per disincentivare pratiche insostenibili per l’ambiente, la salute e le finanze.
La Stampa – 7 febbraio 2017