Entreranno in vigore il 12 marzo le nuove norme comuni per la vaccinazione adottate dall’Unione europea per contenere l’epidemia di influenza aviaria (dovuta al virus H5N1) negli allevamenti. Lo scopo delle nuove regole è consentire i movimenti sicuri di animali e prodotti dagli stabilimenti e dalle zone in cui è avvenuta la vaccinazione, in linea con gli standard dell’Organizzazione internazionale per la salute animali (Woah). La scoperta di un focolaio, infatti, implica severe restrizioni ai movimenti di animali e prodotti. “A fronte dell’epidemia più grave della storia recente, la lotta contro l’influenza aviaria è in cima alle nostre priorità” ha dichiarato Stella Kyriakides, commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare ricordando che “i focolai stanno causando enormi danni a al settore e ostacolano il commercio. Le norme – conclude – consentono l’armonizzazione dell’uso dei vaccini per prevenire o controllare la diffusione della malattia e stabilire le condizioni per la circolazione degli animali vaccinati e dei loro prodotti”.
La decisione arriva anche in seguito ai dati preoccupanti sull’aumento dei casi di aviaria in Europa così come in Italia. Lo confermano anche i dati epidemiologici del Centro di referenza nazionale ed europeo per l’influenza aviaria all’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IzsVe), secondo cui in Italia la circolazione del virus H5N1 fra gli uccelli selvatici è in aumento, con il rischio che questi possano trasmettere il virus agli allevamenti avicoli. Per tale motivo di recente il ministero della Salute ha diramato una nota, indirizzata a tutti i servizi veterinari regionali e agli Istituti zooprofilattici italiani, in cui ravvisa la necessità di “rafforzare la sorveglianza dei volatili selvatici e l’applicazione delle misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli” come informa l’IzsVe in una nota.
I casi di spillover
L’Oms e la Woah inoltre, hanno invitato tutti i paesi ad innalzare il livello di allerta sull’arrivo di una nuova pandemia di influenza nella popolazione umana sostenuta da un virus di origine aviare. Questo alla luce della recente evoluzione della situazione dell’influenza aviaria a livello globale e i casi confermati di trasmissione del virus H5N1 ad alta patogenicità (Hpai) dagli uccelli in alcune specie di mammiferi. Eventi che negli ultimi mesi ha sollevato una certa preoccupazione fra la comunità scientifica internazionale.
La situazione italiana
“La diffusione del ceppo H5N1 Hpai fra gli uccelli selvatici è in aumento, in Italia come nel resto del mondo” ha commentato Calogero Terregino, direttore del Centro di referenza per l’influenza aviaria. “Nel nostro paese, i casi di H5N1 Hpai nell’avifauna interessano principalmente Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Il ministero della Salute ha evidenziato come tale situazione costituisca un rischio costante per gli allevamenti di volatili domestici, considerato che alcune zone ad elevata densità avicola coincidono con le aree dove attualmente si rilevano casi di Hpai nei selvatici. Come Centro di referenza stiamo monitorando l’evoluzione dell’epidemia su tutto il territorio nazionale con estrema attenzione, per evitare che si verifichi una situazione come nell’inverno 2021-2022.”
Rischio mutazioni
In Italia non sono stati registrati casi tra i mammiferi, tuttavia sono previste attività di monitoraggio anche in queste specie, in particolare nelle aree umide frequentate da uccelli selvatici potenzialmente infetti. L’IzsVe spiega ancora in una nota, che il virus H5N1, come molti altri i virus respiratori, è molto plastico e il suo tasso di mutazione genetica è piuttosto elevato. “Alcuni ceppi del virus H5N1 (clade 2.3.4.4b) attualmente circolanti fra gli uccelli hanno mostrato mutazioni considerate segni di adattamento ai mammiferi” si legge. “Alcuni animali, come i visoni, potrebbero consentire il riassortimento genetico di diversi virus influenzali, da cui possono emergere varianti virali più pericolose per gli animali e l’uomo. Sono attualmente in corso presso i laboratori del Centro di referenza per l’influenza aviaria dell’IZSVe studi per approfondire le caratteristiche genetiche e biologiche del ceppo identificato nei visoni in Spagna”.
La sorveglianza genetica consente non solo di identificare correttamente il virus ma anche di studiarne le mutazioni. Gli studi finora condotti dall’IZSVe indicano un’evoluzione solo parziale del virus che, per il momento, non è in grado di causare un contagio inter-umano. Non si può escludere però che il virus in futuro possa acquisire caratteristiche tali da renderlo trasmissibile da uomo a uomo.