«Si potrebbe fare alla svelta una legge sul salario minimo che preveda il carcere per i datori di lavoro che non la rispettano»: Enrico Morando, viceministro dell’Economia ipotizza tempi stretti per quella che nella delega lavoro, presentata giovedì scorso in Senato, viene considerata una misura «sperimentale», tutta da studiare. Nel disegno di legge si indica la possibilità di introdurre «un compenso minimo orario applicabile a tutti i rapporti aventi a oggetto una prestazione di lavoro subordinato», ma nulla è stato ancora definito.
Se non appunto la voglia del governo, espressa ieri da Morando, che ha parlato a Cernobbio nel corso del Workshop Ambrosetti, di rendere molto severa la normativa.
I sindacati finora sono stati freddi rispetto all’ipotesi del salario minimo che, secondo il loro punta di vista, rischia di indebolire la forza contrattuale dei lavoratori oltre che abbassare — livellandoli al minimo — i diversi gradi salariali. Morando però punta sull’accordo raggiunto tra le parti sociali in merito alla rappresentanza sindacale per fare nuove regole e vincere le resistenze. Potrebbe — ha detto — essere anche introdotta una norma per cui «il contratto nazionale agisce solo per default , dove non si sia in grado di fare un accordo di secondo livello». La contrattazione di secondo livello, nella visione del viceministro, potrebbe realizzarsi a livello «di gruppo, di azienda, di distretto, di territorio». In questo modo, ha continuato Morando, «si potrebbe incentivare la produttività: l’adozione del nuovo modello di relazioni, infatti, consentirebbe di contrattare anche la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese e in prospettiva di misurare l’aumento o la riduzione della produttività». Secondo il viceministro, «se si continua ad avere la centralità del contratto nazionale, su questo versante non si avrà mai una svolta».
Argomenti non semplici dunque, che pongono una serie di interrogativi in relazione alla diversità del lavoro svolto e al livello del salario minimo e che vedono, come si è detto, i sindacati sostanzialmente contrari. Anche perché — è un’osservazione ricorrente — invece di prevedere nuovi parametri si potrebbe dare forza di legge ai contratti. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, a riguardo fa un passo in avanti: «Va bene la legge, ma non può essere il Parlamento a fissare un salario minimo: devono essere le parti sociali a indicarlo definendo un salario medio contrattuale».
Il salario minimo garantito per legge — che rappresenta il contraltare del governo Renzi al reddito di cittadinanza caro al Movimento 5 Stelle — però, in tempi di crisi, è tornato prepotentemente in primo piano. E se il presidente Usa, Barack Obama, lo ha messo al centro del suo discorso sullo stato dell’Unione, la Germania di Angela Merkel lo farà partire nella misura di 8,50 euro l’ora dal primo gennaio 2015.
Stefania Tamburello – Corriere della Sera – 6 aprile 2014