di Federico de Wolanski. Ventiquattro anni dopo essere andato in pensione, Giuseppe si è visto recapitare a casa una lettera con cui L’Inps lo avvertiva che i conti erano sbagliati, che la sua pensione avrebbe dovuto essere più bassa e che per questo da quel mese in poi il suo vitalizio sarebbe stato decurtato per recuperare 24mila euro che gli erano stati «indebitamente dati» dal 1992.
La vicenda, che lo scorso marzo ha fatto il giro d’Italia, oggi ha avuto un colpo di scena. La Corte dei Conti ha dato ragione al ricorso del pensionato con una sentenza che suona più o meno così: l’Inps ha sbagliato i conti? Affari suoi.
Tutto inizia con una “comunicazione di debito” in carta intestata Inps. Arriva a casa del trevigiano Giuseppe Sinaldi, 84 anni, a inizio marzo. Ma una comunicazione simile arriva nelle case di tanti altri pensionati Inps che in quei giorni affollano gli uffici dell’ente per chiedere spiegazione. Il caso di Giuseppe è incredibile. «Sulla partita di pensione di cui lei è titolare dal 1992 è stato accertato un debito per somme in più corrisposte».
In allegato alla lettera il prospetto in cui si documentava come l’Inps avesse già provveduto a decurtargli la pensione per recuperare i soldi (24.836 euro) con una rateazione del debito calcolata incredibilmente fino al 2039, ovvero quando Giuseppe compirebbe 103 anni (e glielo auguriamo). A Giuseppe vengono tolti 87,45 euro su una pensione di 438 euro che incassava ogni mese unita a una indennità integrativa che aveva avuto la fortuna di farsi. Sinaldi si affida all’avvocato trevigiano Innocenzo D’Angelo che ricorre alla Corte dei Conti cui fa capo la giustizia in merito alle pensioni ex Enpas confluire poi in Inpscome nel caso di Sinaldi, ex operatore cinematografico e bidello.
La decisione sul caso è stata presa giovedì scorso dal giudice monocratico Cecilia Gennaro della sezione Veneto della Corte, e non lascia dubbi. Secondo la magistratura contabile è stato ingiusto imporre al pensionato la restituzione dei soldi che gli erano stati dati “in più” negli ultimi 24 anni, ed è stata ingiusta anche la rateazione del debito impostagli fin da subito sulla pensione. Giusta solo la revisione dell’assegno mensile che doveva essere tagliato, ma solo per adeguarsi a quella che avrebbe dovuto essere la pensione corretta, senza ulteriori addebiti. In più, la sentenza ha stabilito che a Sinaldi dovessero essere restituiti i soldi fin qui trattenuti, ovvero alcune centinaia di euro. Spese legali da far pagare a Inps. Una vittoria su tutta la linea per il pensionato che rischia di diventare un caso di scuola. Il caso Sinaldi a marzo scoperchiò un pentolone.
L’Inps confermò di aver avviato con i vari provveditorati agli studi una revisione di tutte le pensioni date a insegnanti e bidelli dal 1992 in poi.
Il Mattino di Padova – 20 novembre 2016