Roberta De Rossi. Usano dodici volte la parola «irregolarità» e ventidue volte «criticità» i giudici della sezione di controllo della Corte dei Conti nelle 90 pagine della loro relazione sul bilancio di previsione 2015 della Regione Veneto, depositata il 5 luglio. Relazione inviata al presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti, al presidente della Regione Luca Zaia, al Collegio dei revisori, nella quale i giudici scrivono parole nette, esponendo «le irregolarità e le criticità riscontrate, affinchè la Regione ne tenga conto ed adotti le conseguenti misure correttive». Messaggio spedito.
Di che si tratta? Sostanzialmente di uno scollamento tra le annunciate previsioni di spesa e le entrate dell’ente per alcune voci di bilancio importanti: dalle società partecipate alla sanità, ai costi della politica. E di osservazioni critiche sulla capacità di controllare e governare – in particolare – le società. Al momento, nulla di illegittimo dal punto di vista del danno erariale. Quella della Sezione di controllo è una valutazione che nasce nell’ambito della collaborazione tra istituzioni: ma irregolarità e criticità restano e se la Regione non vi metterà mano potranno, si, trasformarsi in una indagine contabile. Cosi, leggendo la fitta relazione, ci si può imbattere in una questione apparentemente minore, ma politicamente molto rilevante, come quella relativa alle spese in crescita del Consiglio, tanto che i giudici sottolineano come «una necessaria considerazione merita la verifica degli stanziamenti destinati alle spese per il Consiglio regionale (49.998.230 euro), in aumento di 1,6 milioni di euro rispetto alle spese impegnate nel 2014».
Che in tempi di magra è comunque una criticità. Naturalmente ci sono voci e riflessioni ben più corpose. Cosi a pagina 18 si legge che «la Regione Veneto ha dichiarato di non aver violato il patto di stabilità, ma c’è discrepanza tra i parametri adottati (simili a quelli delle Regioni autonome) e quelli previsti dalla norma». E, a pagina 19, i giudici rilevano come «dalle risultanze istruttorie sembra emergere un preciso vulnus al principio del pareggio di bilancio, composto da una serie di fattori, che lungi dall’essere episodici appaiono connotare una non sana gestione in relazione a fondamentali parametri».
Regole fissate dalla norma (174/2012) e dallo stesso Statuto regionale, «secondo cui ad ogni nuova spesa la Regione e gli enti locali fanno fronte con una riduzione di altra spesa o con una nuova entrata attuale ed effettiva». Ai giudici, però, non tornano i conti sui saldi degli anni passati, con passaggi di voci da attive a passive, talvolta con «non corretta e financo fuorviante» scrittura. Andando a spizzichi – la relazione si trova sul sito della Corte dei conti – le entrate dell’Irap in crescita del 5% nel 2014 non sono state compensate da quelle della tassa auto (-5,5%) e dall’Iva (-5,8%) con tributi così in diminuzione del 2,45 per cento. Poi c’è tutta la partita delle società delle quali la Regione aveva promesso l’alienazione o la dismissione e solo in parte avviato: «Anche Veneto Innovazione spa ha maturato perdite nel triennio 2011-2013», ricorda la Corte, «senza tuttavia che ne fosse deliberata la dismissione, ed il suo obiettivo di razionaiizzazione consiste in una generica riorganizzazione intema e nella dismissione delle partecipate, secondo una tempistica “non prevedibile”».
Molti, troppi controllori sulla carta, ma poco reale controllo nei fatti, cosi «emerge una parcellizzazione delle strutture regionali deputate ai controlli degli organi partecipati, unita a una carenza di governance (….) quantomeno in termini di valutazione dell’efficacia, efficienza ed economicità delle performances».
Il Mattino di Padova – 12 luglio 2016