di Gian Antonio Stella. Quel filo diretto tra Arcore e il Cielo o Spirito Santo, nella notte, ha illuminato il presidente Berlusconi. «Nel segno di Cosentino vinceremo in Campania». C’è da sgranare gli occhi a rileggere oggi quanto era scritto ieri mattina sul profilo Twitter «Pdl Pompei 2013» a proposito della candidatura del deputato di Casal di Principe Nicola Cosentino. Come sia finita è noto.
Per dirla in latinorum, «non habemus Cosentinum»: escluso dalle liste del Popolo della libertà perché sarebbe stato forse utile coi suoi voti a Caserta, Napoli e dintorni ma anche una possibile zavorra agli occhi di altri elettori, a partire da quelli padani.
Che il partito della città della Madonna del Rosario, «Augusta Regina delle vittorie», abbia scomodato per il politico casalese perfino la Terza Persona della santissima Trinità, elettoralmente affaccendata da un paio di millenni soltanto nei conclavi per la scelta dei successori di San Pietro, è un divertente ritorno al passato. Silvio Berlusconi, infatti, prese a tirare in ballo un filo diretto col Padreterno prima ancora di scendere in politica.
Ad esempio in una lontana udienza papale con parenti, giocatori, manager, giornalisti, attori, quando l’allora Sua Emittenza sì rivolse a Giovanni Paolo II, come ricordò Massimo Gramellini su «Micromega» con parole indimenticabili: «Cara Santità, mi lasci dire che lei assomiglia al mio Milan. Infatti lei, come noi, è spesso in trasferta, a portare nel mondo un’idea vincente, che è l’idea di Dio».
«Che cosa le ha risposto il Papa a questa battuta?», gli chiese Guglielmo Zucconi. E lui, con una risatina da birbante: «Mah, niente di preciso. Mi ha dato la sua benedizione. Ma con l’aria di pensare che non ne avessi un bisogno particolare…». Da allora è stato un diluvio. La promessa di un miracolo. La nomina degli «apostoli»: «andate e convertite le genti». Il richiamo alle tradizioni familiari: «Sono religioso, cattolico praticante. Ho cinque zie suore e la domenica un mio cugino sacerdote viene ad Arcore a celebrare messa nella mia cappella privata. La comunione? Si, mi comunico spesso. Anche perché se non lo faccio, mia madre mi chiama in disparte e mi rimprovera: “Cos’hai fatto a Dio, che oggi non ti sei comunicato?”».
L’annuncio che «il programma verrà presentato in dodici disegni di legge come le dodici tavole». La rivendicazione di una investitura celeste: «Uno che arriva come sono arrivato io alla guida dell’Italia è come se in qualche modo fosse stato unto dal Signore». I paragoni con i santi: «Accusare di corruzione me è come arrestare Madre Teresa di Calcutta perché una bambina del suo istituto ha rubato una mela». E poi le citazioni: «Ho detto: vade retro Satana a tutti i pastrocchi della Prima Repubblica». I rimandi al catechismo dell’infanzia: «Ho fatto un fioretto: mai nominare Bossi». I sospiri da Golgota: «Berrò l’amaro calice di tornare a Palazzo Chigi». Le rivelazioni mistiche: «L’altro giorno nella cappella di Arcore ho visto mia madre in colloquio diretto col mio angelo custode…».
E via così, per anni e anni… Nulla però ha superato la confidenza che fece a un gruppo di forzisti vicentini cresciuti ai piedi della Madonna di Monte Berico: «All’Ospedale San Raffaele una madre mi pregò di convincere il figlio bloccato provvisoriamente su una sedie a rotelle a riprendere a camminare. Mi presentai dal ragazzo e gli dissi: “Giacomo, fatti forza. Alzati e cammina…”. Lui, dopo alcuni giorni, si alzò». Amen.
Corriere della Sera – 23 gennaio 2013