«Le Regioni spendono troppo poco in prevenzione. E si rischia di pagare il conto nel prossimo futuro». La strigliata arriva dai direttori dei dipartimenti di prevenzione delle Usl italiane: in 140 – ovvero tutti – erano riuniti alla Gran Guardia per un convegno nazionale. All’ordine del giorno, tra virus e i batteri sempre più resistenti agli antibiotici e la sicurezza sui luoghi di lavoro, anche il cordone della spesa.
«Nessuna regione italiana destina quanto dovrebbe alle settore della prevenzione – spiega Antonio Ferro, neodirettore sanitario dell’Usl 20 di Verona e presidente della sezione Triveneta del Siti, la società degli igienisti – ossia il 5% del budget sanitario. Questo significa che si rischia di spendere più in futuro, soprattutto per le malattie croniche e degenerative».
Gli fa eco il presidente nazionale dell’associazione, Carlo Signorelli: «Con un’accurata politica di prevenzione il risparmio si vedrebbe già a breve termine – precisa – ma quel che spaventa è anche la disparità tra le regioni italiane».
Non si parla solo di eseguire screening per la prevenzione dei tumori (dalla mammella al colon) ma anche di incidere sugli stili di vita. «È senza dubbio la parte più difficile – nota Signorelli – far capire alla gente i rischi dell’obesità è più difficile che dare una medicina. Eppure, se si vuole combattere la prima causa di morte, ovvero l’infarto, da lì bisogna partire».
C’è poi la questione vaccini. Lo scorso inverno ha segnato il fallimento della campagna antinfluenzale, anche grazie all’allarme (poi rivelatosi infondato) su alcuni lotti di antidoto. Ma la questione potrebbe allargarsi anche ad altre malattie infettive. «Morbillo e rosolia sono due delle malattie di cui si registra la maggiore presenza di focolai – fa sapere Signorelli -. Una situazione direttamente collegata al calo della copertura, che ci è costata un richiamo da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Non dovrebbe mai scendere sotto il 95%, in alcune regioni italiane non si raggiunge l’89%. Sembra un paradosso, ma ad avere i livelli più alti di copertura è il Veneto, che ha abolito l’obbligo anni fa».
Così, i dipartimenti di prevenzione pensano anche a come fare «marketing», cioé a diffondere buone pratiche verso i cittadini anche con campagne di comunicazione. Ne sono un esempio i nuovi cartelloni pubblicitari che sono arrivati da poco anche sulle strade di Verona. «Bisogna parlare alla gente – fa sapere Ferro, ideatore dell’iniziativa – siamo esposti a bufale di ogni tipo. E c’è anche chi, con questa disinformazione si arricchisce, vendendo prodotti omeopatici e medicinali alternativi».
Nel corso del convegno si è parlato anche di prevenzione alimentare e veterinaria. Tra le questioni affrontate, anche le patologie che colpiscono gli allevamenti: l’ultimo caso di aviaria nel Veronese, a Ca’ degli Oppi, è costato l’abbattimento di centinaia di capi allevati all’aria aperta. «Scelta inevitabile, nonostante le proteste degli animalisti – sostiene Aldo Grasselli, presidente della Simevep (Società di medicina veterinaria preventiva – Non c’è altro modo di tutelare la salute degli animali». (Davide Orsato – 11 aprile 2015 – Corriere di Verona)
III Convention nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione
Comunicato SItI, SNOP, SIMeVeP del 10 aprile
Il 10 aprile Verona ospita la 3° Convention Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, appuntamento nato per discutere delle politiche di Prevenzione messe in campo in Italia che è promosso dalla Società Italiana di Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) insieme alla Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMeVeP) e alla Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione (SNOP).
I 140 Dipartimenti di Prevenzione dislocati sul nostro Paese assicurano ogni giorno decine di migliaia di prestazioni in materia di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, con risultati che sono documentati da solide evidenze epidemiologiche. In particolare, grazie ai Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione, ogni anno in Italia vengono somministrate circa 20 milioni di dosi di vaccino, sia sulla popolazione infantile che su quella adulta; sottoposte a test di screening citologico e mammografico 3 milioni di donne; garantiti gli screening del carcinoma del colon retto a 1 milione e mezzo di persone; effettuati centinaia di migliaia di controlli nei luoghi di lavoro, che hanno contribuito a ridurre in modo significativo gli infortuni e le morti occupazionali; assicurati milioni di controlli nell’ambito della sicurezza alimentare e veterinaria. Oltre a milioni di certificazioni medico legali.
In un momento di crisi del sistema sanitario è necessario garantire la Prevenzione e attraverso essa quel diritto alla salute che è tutelato dalla nostra stessa Costituzione (art. 32). “Ogni euro investito in prevenzione – afferma Carlo Signorelli, Presidente della SItI – produce alti tassi di interesse in termini di malattie evitate e un considerevole risparmio per il Servizio sanitario nazionale. Fare prevenzione significa organizzare offerte di salute con modalità operative solide, intelligenti ed efficaci. I 140 Dipartimenti di Prevenzione italiani e i professionisti che vi operano sono un punto di riferimento del nostro Paese che va sostenuto per dare concretezza alle politiche poste in essere in questo campo”. L’assetto organizzativo dei Dipartimenti di Prevenzione si è dimostrato in più occasioni robusto nel rispondere a situazioni epidemiche ed emergenziali molto impegnative, oltre che capace di coniugare efficacia e contenimento dei costi. A fronte di questi importanti punti di forza, che dovrebbero indurre il decisore politico ad investire ulteriormente su questo delicato segmento del Servizio Sanitario Nazionale chiamato a garantire ai singoli e alle comunità il primo livello essenziale di assistenza (tutela della salute collettiva), costituzionalmente disciplinato e garantito, si registrano alcune iniziative destinate a disgregare complessivamente il settore. In particolare, si assiste al disegno di alcune Regioni di mettere in campo, per l’area della prevenzione, confusi assetti organizzativi (accorpamenti di servizi con diverse finalità, esempio Servizi Veterinari e Servizi di Igiene degli Alimenti; enormi aggregati territoriali destinati a distanziare le figure dirigenziali del Servizio Sanitario Nazionale dagli operatori del territorio, dai cittadini e dalle comunità).
E’ convincimento dei direttori dei Dipartimenti di Prevenzione e delle Società scientifiche che li rappresentano, che il Ministero della Salute e le Regioni, anche alla luce del nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 e dei Piani Regionali applicativi, debbano intraprendere un concreto programma di rilancio delle politiche di prevenzione, promozione e tutela della salute. “I Dipartimenti di Prevenzione delle ASL – spiega Aldo Grasselli, Presidente della SIMeVeP -, sono invece sempre più ignorati e smontati per fare cassa, le professionalità mediche e veterinarie dei servizi di prevenzione sono bypassate a favore di organi di vigilanza e repressione di costo inferiore e di presa più emotiva sull’immaginario collettivo”. Il programma di ripresa delle politiche di prevenzione deve invece essere ancorato ad un rilancio deciso dei Dipartimenti di Prevenzione quali strutture del Servizio Sanitario Nazionale e Regionale, rilancio peraltro confermato come necessario dall’ultima Legge di Stabilità. In questo difficile momento di crisi, investire sui Dipartimenti di Prevenzione e sulla prevenzione collettiva significa attivare un potente percorso di contrasto delle disuguaglianze di salute, soprattutto in tema di malattie cronico degenerative (malattie cardiovascolari, tumori, obesità, ecc.) e sostenere le politiche di rilancio economico e sociale del Paese.
L’importanza dell’appuntamento del 10 aprile a Verona è sottolineata anche dalla Società che riunisce gli operatori della prevenzione negli ambienti di lavoro. Come ricordato dal Presidente Giorgio Di Leone e dalla responsabile SNOP Lalla Bodini “abbiamo, nella cornice del buon Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018 e della positiva proposta dei Nuovi Lea per la prevenzione, l’obbligo di contribuire entro fine maggio 2015 a Piani Regionali Prevenzione fattibili, dove i temi e le azioni di prevenzione dei prossimi anni (salute e ambiente, vecchi e nuove dipendenze, rischi sul lavoro di oggi alimentazione sicura, screening e vaccinazioni, promozione della salute, etc) siano declinati e valutati in modo moderno, e dove i temi della comunicazione, delle risorse professionali valorizzate e qualificate, della organizzazione integrata dei dipartimenti di prevenzione siano al centro della agenda politica e professionale. Ricordando sempre che investire in prevenzione vuol dire risparmiare costi umani, sanitari ed economici”. Oltre agli intenti, il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 riuscirà a rilanciare concretamente la prevenzione e la sanità pubblica in Italia? E quale ruolo giocheranno i Dipartimenti di Prevenzione in questa delicata fase del Paese?
12 aprile 2015