Dal Fatto Alimentare. La lettera. “Mi è capitato sovente di vedere nell’etichetta di prodotti avicoli (per esempio a marca Fileni o Guidi), la dicitura “allevato senza uso di antibiotici“. Tale dicitura sarebbe riferibile al Disciplinare di etichettatura volontaria delle carni di pollame (pollo, gallina, tacchino, faraona, anatra) autorizzato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel 2005, con numero IT001EA, di cui è titolare Unaitalia. Stando alle informazioni della stessa Unaitalia il Disciplinare, che fornisce informazioni “aggiuntive” al consumatore (relative all’origine, al sistema di allevamento, alla tipologia di alimentazione, al rispetto del benessere animale) viene controllato dal CSQA, che pianifica una serie di audit definiti in un Piano dei controlli anch’esso approvato dal MiPAAF”.
“E vengo alle mie perplessità. La dicitura “allevato senza uso di antibiotici” è di stretta pertinenza sanitaria e mi chiedo se sia legittimo che la possibilità di utilizzare tale denominazione sia disciplinata dal Ministero delle politiche agricole. Inoltre mi chiedo se sia lecito l’utilizzo a tappeto di questa qualifica, non probabile nei fatti in un numero elevato di capi alla luce delle tecnologie di allevamento che indicano tale condizione come sostenibile in non più del 10-20% delle partite macellate. E comunque l’affermazione “allevato senza uso di antibiotici” dovrebbe essere supportata caso per caso dal controllo dei registri di uso dei farmaci obbligatoriamente in allevamento e a disposizione del veterinario Asl. A mio avviso le uniche definizioni che potrebbero essere legittimamente sostenibili (previa visura dei registri allevamento o delle analisi di laboratorio) potrebbero essere “rispettati i tempi di sospensione” o “esente da residui di antibiotici”. Stefano Tortoni
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29 settembre 2016