La riduzione del debito resta una sfida ineludibile. La possiamo vincere se torniamo a crescere «in modo sostenuto e stabile». Il governo intende avvalersi della «flessibilità concessa dalla legislazione nazionale e dai regolamenti europei». Lo attestano gli «indicatori disponibili» che segnalano una fase di stagnazione anche nel secondo semestre del 2014.
La richiesta – che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ribadisce in serata alla Camera – è che venga applicata la clausola sulle riforme economiche, in base alla quale è possibile la «deviazione temporanea» dall’obiettivo del pareggio di bilancio. Al tempo stesso, in evidente anche se implicita replica alle nuove stime pubblicate dalla Commissione, Padoan ribadisce che il permanere dell’economia italiana in recessione per il terzo anno consecutivo si configura come «evento eccezionale», che dovrebbe essere riconosciuto come tale.
Intervenuto alla Camera dopo aver preso parte a palazzo Chigi al vertice di governo convocato per definire i dettagli delle proposte italiane al piano Juncker da 300 miliardi sul fronte degli investimenti, Padoan conferma che la lunga recessione in atto dal 2008 «non è ancora terminata. Stiamo uscendo da una fase difficile». Ci sarà una «fase di stagnazione anche nel secondo semestre 2014 con una contrazione del Pil dello 0,3%».
La pressione fiscale mostra una «riduzione contenuta nel 2015», passando dal 43,3% del 2014 al 43,2%, e si stabilizza al 43,6% in ciascuno nel 2016 e 2017. In tale contesto, è essenziale che la legge di stabilità mantenga nel corso dell’esame parlamentare la sua «compattezza e unitarietà». Una manovra – ribadisce Padoan – che realizza una politica di bilancio «espansiva nei saldi e nella composizione delle voci di spesa e di prelievo». Si provaa invertire l’avversa congiuntura economica attraverso un «consistente taglio strutturale delle tasse per sostenere il processo di riforma e restituire al Paese la spinta propulsiva necessaria per agganciare la ripresa e stimolare stabilmente crescita, occupazione e investimenti».
La riduzione del debito pubblico resta una sfida ineludibile. La si può vincere se torniamo a crescere «in modo sostenuto e stabile». Quanto all’Irap, il beneficio medio complessivo in termini di minore imposta pagata dalle imprese – osserva Padoan – è stimato «pari al 36,8 per cento». Per evitare lassi temporali tra la penalizzazione dovuta all’incremento dell’aliquota generale e il vantaggio legato alla fruizione della deducibilità della sola componente lavoro – si legge nel documento depositato dal ministro in Commissione Bilancio – in novembre, all’atto del pagamento della seconda o unica rata dell’acconto Irap relativo all’anno di imposta 2014, le imprese potranno comunque applicare la normativa in vigore introdotta con il decreto legge 66, se utilizzeranno il metodo previsionale (aliquota scontata). La maggiore imposta dovuta a conguaglio nel 2015 «sarà comunque più che compensata dal beneficio introdotto con la legge di stabilità».
Del resto, se «incisive e credibili», le politiche per la crescita possono cambiare la formazione delle aspettative, «rafforzando la dinamica degli investimenti, dell’occupazione e dei consumi e avviare un solido e duraturo percorso di sviluppo dell’economia». Per quel che riguarda i numeri della manovra, le risorse mobilitate ammontanoa circa 32,4 miliardi nel primo anno, a 45,8 miliardi nel 2016 e 46,3 miliardi nel 2017. Acopertura delle misure espansive, sono individuati 26,5 miliardi nel 2015: 16 miliardi da misure di riduzione della spesa e circa 10 miliardi da aumenti delle entrate. Alle domande sul Tfr, Padoan definisce le novità contenute in manovra una «misura temporanea» che può essere rivista tra tre anni. Può certo essere migliorato – conclude – il meccanismo con cui il sistema bancario «può colmare i vuoti di finanziamento» che si potrebbero creare a carico delle imprese. L’aliquota sui fondi pensioni e sulla rivalutazione del Tfr «resta comunque decisamente inferiore a quella ordinaria applicabile alla generalità dei redditi di natura finanziaria». Infine le clausole di salvaguardia inserite in manovra: andranno gestite «di volta in volta».
Il Sole 24 Ore – 5 ottobre 2014