Scricchiola il sistema delle assicurazioni per le colpe mediche: la punta dell’iceberg di ciò che da mesi paventavano i camici bianchi, specie quelli alle prese con ospedali che smettono di assicurarsi per gli eccessivi costi delle polizze imposti dalle compagnie per il boom di denunce giudiziarie, comincia ad affiorare in quello che sta avvenendo a Milano in Tribunale in due sentenze milionarie di malasanità.
O, meglio, in ciò che non sta avvenendo: perché in entrambi i casi — uno penale con la condanna del Niguarda ad anticipare a una vedova un acconto di 1 milione di euro sul futuro e ancora maggiore risarcimento per la morte del marito nel 2007, e uno civile con la condanna del San Carlo a versare 1 milione alla famiglia di un paziente rimasto invalido al 90% dopo cure incaute nel 2005 — né l’ospedale né l’assicurazione stanno pagando i danni alle famiglie. E i medici iniziano a tremare: per incassare il dovuto, infatti, le parti civili potrebbero benissimo passare ad aggredire direttamente il patrimonio personale (cominciando a far pignorare la casa) dei medici condannati in solido con i loro ospedali a risarcire i danni.
All’inizio di ottobre due neurologi e due infermieri del Niguarda sono stati condannati dalla V sezione del Tribunale a risarcire con una provvisionale di 1 milione la moglie di un norvegese (assistita dall’avvocato Gian Paolo Del Sasso) al quale avrebbero non diagnosticato una specifica sindrome e sottovalutato i rischi di crisi respiratorie legate a quel tipo di malattia. A tutt’oggi l’ospedale non ha ancora messo mano a un quattrino, apparentemente per una diatriba con la compagnia sull’interpretazione della tempistica e di alcune delle clausole standard che regolavano i contratti. Regolavano: perché dalla scorsa primavera il Niguarda — come numerosi altri ospedali della Lombardia — ha scelto di non assicurarsi più. Facendo il bilancio tra i premi pagati alle assicurazioni (fino a 5 milioni l’anno per un ospedale sui mille posti letto) e i soldi che le compagnie hanno liquidato per i danni dei vari omicidi o lesioni colposi, i vertici aziendali hanno ritenuto economicamente più conveniente smettere di assicurarsi e accettare invece il rischio di dover far fronte direttamente con i propri soldi agli eventuali indennizzi. Ma alla prima controprova, questa «botta» da 1 milione di euro, l’ospedale fa fatica ad aprire il portafoglio, forse anche perché sullo sfondo c’è magari la paura di dover poi rispondere anche del danno erariale.
Intanto, però, per una ragione o per l’altra si moltiplicano i casi in cui i familiari delle vittime, oltre e dopo la loro tragedia, devono anche affrontare un’altra via crucis solo per avere quello che è loro diritto avere: nel caso della condanna civile pronunciata dal giudice Roberto Pertile, ad esempio, la famiglia di un 47enne diabetico, di cui al San Carlo non sarebbe stato ben compreso un primo malore seguito da frettolose dimissioni, non sta vedendo un euro del milione e 180 mila euro a cui avrebbe diritto con l’avvocato Angela Di Pisa perché l’ospedale sta chiedendo la sospensiva e sta appellando la sentenza su un sinistro che — come documentano atti ufficiali — «non risultava essere coperto da alcuna delle polizze stipulate per la copertura rischi».
Corriere della Sera – 11 dicembre 2012