Dubbi sui motivi dell’intervento. L’esame genetico ha stabilito che era lui. Il Corpo forestale di Vrhnika aveva programmato l’abbattimento dell’animale ritenuto pericoloso. Attirato in un’area e colpito
Questa è una delle ultime immagini dell’orso Dino, scattata in Slovenia nell’autunno scorso. Visibilissimo il radiocollare Si è chiusa definitivamente l’epopea dell’orso Dino. Il plantigrado diventato famoso la scorsa estate per le sue continue scorribande tra paesi ed allevamenti del Vicentino è stato abbattuto in Slovenia. Abbattimento deciso dai forestali sloveni proprio per la pericolosità dell’animale che proseguiva nell’abitudine di inoltrarsi tra case e paesi.
L’uccisione. L’orso Dino è stato ucciso l’11 marzo a Vrhnika, paese tra Postumia e Lubiana, mentre stava rientrando in Italia. Un transitare che lo portava in contatto con la popolazione e, soprattutto, verso gli allevamenti per sfamarsi dopo il sonno invernale. Una minaccia per le persone che ha portato i forestali sloveni alla decisione di abbatterlo. Decisione rafforzata dal fatto che l’animale era stato visto percuotersi contro rocce ed alberi. Una condotta che poteva indicare una malattia come la rabbia ed invece, ad uccisione avvenuta, è stato riscontrato che il radiocollare era diventato troppo stretto tanto che si era incuneato nello spesso strato di pelo e grasso dell’animale che aveva raggiunto il peso di 225 kg.
La Forestale ha quindi deciso di organizzare un “carnaio”, una trappola fatta di carcasse per attirare l’animale in una zona senza via d’uscita. L’uccisione non ha destato particolare attenzione oltreconfine perché la caccia all’orso in Slovenia è consentita. Che sia proprio l’orso Dino lo conferma sia il collare che gli esami genetici effettuati dal Servizio Foreste e Fauna della Provincia autonoma di Trento interpellata dagli stessi sloveni qualche giorno fa. La certezza sull’identità di Dino è giunta ieri mattina da Claudio Groff, referente per l’orso per il servizio Trentino, che ha poi avvertito i suoi colleghi sloveni, bellunesi e altopianesi.
L’orso, ufficialmente chiamato M5, arrivò in Italia dalla Slovenia nel 2009. Stazionò nella zona di Tarvisio per quasi tutta l’estate per portarsi nell’ampezzano dove svernava. Nell’estate 2010 è protagonista di vari danneggiamenti e qualche uccisione di animale, tanto che il servizio faunistica trentino lo cattura e gli mette il radiocollare per monitorarlo. Nel Vicentino Dino arriva il 27 marzo dove fa strage di conigli a San Nazario. Da lì è un susseguirsi quasi quotidiano di notizie sull’orso tra avvistamenti, steccati divelti e animali uccisi. L’11 aprile è a Posina dove uccide 3 asini. Il 20 è nel lusianese dove ne uccide altri 5 in due giorni per poi ritornare a Posina. Il 27 aprile si ciba di miele nella Val Leogra. Il 12 maggio ritorna sull’Altopiano dove uccide due asini a Foza ed il 15 ritorna verso la pianura uccidendo 2 asini lungo la provinciale della Fratellanza. Tanto che, dopo aver ucciso i soliti due asini a Rubbio il 16 maggio, arriva a pochi chilometri dal centro di Bassano. Dopo poco ritorna verso il Trentino e proseguire verso la Slovenia.
«Purtroppo il radiocollare che Dino portava al collo non ha fatto desistere dallo sparargli – commenta Andrea Zanoni presidente della LAC – Spero che le autorità italiane protestino contro questo attentato ad un piccolo ma importantissimo pezzo della nostra natura».
«È una tristezza sia sul piano umano sia su quello scientifico – commenta il comandante del coordinamento distrettuale del corpo forestale dello Stato di Asiago, Isidoro Furlan – Questo abbattimento ruba la specie di un patrimonio genetico eccezionale. Solo il fatto che abbia percorso 320 km dalla Slovenia fino in Italia e poi ripercorsi quasi lungo le stesse vie dimostra un senso dell’orientamento raro. Era un importante biodiversificatore con delle caratteristiche anche fisiche dominanti; all’abbattimento superava i 220 kg. Caratteristiche che avrebbero dovuto essere tutelate proprio perché lui potesse trasmettere il suo patrimonio genetico che lo rendeva cosi forte. Aveva sopravissuto a movimenti turistici e attraversato grosse vie di comunicazione. Uscendo sempre indenne». Fino al pallettone sloveno.
Ilgiornaledivicenza.it – 26 marzo 2011