Così il ministro della Salute è intervenuta ieri, a Reggio Emilia, alla Festa della sanità e del welfare organizzata dal Pd. Nonostante le smentite di rito, si prepara il braccio di ferro con il Mef: “Anche quest’anno dovremo dare battaglia”. Duro affondo contro le Regioni: “La riforma del 2001 è stata un disastro. In meno di 10 anni è esplosa la spesa sanitaria e ci siamo trovati con mezza Italia commissariata. Con la riforma del Titolo V più poteri allo Stato centrale”.
“La sanità ha già dato. L’ho già detto e torno a ripeterlo: il settore non potrebbe sopportare altri tagli lineari”. Quanto all’aumento del Fondo sanitario di circa 3 mld previsto dal Patto per la salute: “La situazione economica è difficile, lo sappiamo tutti, tuttavia mi batterò per ottenere quei fondi”. Ad ormai meno di un mese dal varo della nuova legge di stabilità a Palazzo Chigi, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, si prepara al braccio di ferro con il Mef. Insomma, nonostante le smentite di rito, l’aumento del Fondo e la possibilità di mantenere e reinvestire nel settore i risparmi ottenuti non è poi così scontato: “Anche quest’anno dovremo dare battaglia”, ha confidato il ministro a margine dell’incontro tenutosi ieri sera nell’ambito della festa della sanità e del welfare organizzata dal Pd a Reggio Emilia. Sempre sulla questione del finanziamento Lorenzin è tornata a contestare la scelta operata dalle Regioni di rinunciare ai 2 mld di aumento del Fondo: “Hanno sbagliato, l’ho detto da subito e torno a ripeterlo, quei 112 mld sanciti dal Patto servivano al Ssn”.
Presente all’incontro anche l’assessore alle politiche per la salute della Regione Emilia Romagna Sergio Venturi, che ha così risposto al ministro: “L’aumento del Fondo sanitario farebbe comodo a tutti, inutile dire il contrario. Ma ha ragione Lorenzin quando dice che i finanziamenti non possono essere un alibi per non fare le cose. La nostra Regione é un esempio in questo senso – ha proseguito -. Ci sono ancora tanti margini di risparmio nel settore, proprio la mancanza di fondi deve essere per noi uno stimolo continuo non adagiarsi, a far sempre meglio e a continuare a lavorare per rendere il sistema di ogni regione sempre più efficiente”.
Quanto agli attriti con le Regioni e alle dichiarazioni dello stesso presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, circa una possibile revisione del Patto della salute, l’assessore Venturi ha gettato acqua sul fuoco: “La posizione di Chiamparino non voleva essere polemica nei confronti del Governo – ha spiegato -. Si poneva semplicemente una questione di merito riferita al mancato aumento del Fondo sanitario. Visto che è mancato questo primo step programmato nel Patto, si pensava ad una sua possibile revisione. Detto questo io non ho visto barricate in Conferenza. Anche Regioni come Veneto, Lombardia e Liguria, pur avendo disertato la riunione che ha ratificato la rinuncia all’aumento di 2,3 mld del Fsn, non mi risulta che si siano messe a fare le barricate”.
Lorenzin, passando poi a parlare di riforme costituzionali e, più in particolare della riforma del Titolo V, è tornata ad attaccare duramente le Regioni. “La riforma del 2001 ha prodotto dei veri disastri per il settore – ha sottolineato il ministro -. In meno di 10 anni il passaggio delle competenze sulla materia alle Regioni ha portato ad una esplosione della spesa. Ci siamo trovati con mezza Italia commissariata per i bilanci in rosso. Con la nuova riforma si redistribuiscono i poteri e lo Stato centrale avrà più voce in capitolo per intervenire”.
Infine, vista la presenza sul palco del responsabile sanità del Partito Democratico, Federico Gelli, non poteva mancare un riferimento alla proposta di legge sulla responsabilità professionale. “Sono troppi anni che si parla di una legge sulla materia. Non a caso, lo scorso marzo, ho deciso di nominare una commissione tecnica che si occupasse di produrre un documento con alcune proposte per regolamentare questo aspetto. Il lavoro realizzato è stato inviato ora alle commissioni competenti di Camera e Senato. Da parte mia confermo la massima disponibilità circa la possibilità di fornire una corsia preferenziale per l’approvazione di un testo da inserire, magari come collegato, alla prossima legge di stabilità”.
L’apertura del ministro è stata molto apprezzata da Gelli, relatore in commissione Affari Sociali della proposta di legge sulla responsabilità professionale. “Ringrazio il ministro Lorenzin per la sua disponibilità e collaborazione – ha detto -. I primi di agosto in XII commissione abbiamo approvato un testo base. Prenderemo in grande considerazione il lavoro prodotto dai tecnici del ministero ma tengo a ribadire una distinzione: un conto è il lavoro del Parlamento, altro quello prodotto da tecnici, seppur di altissimo livello. Siamo consapevoli dell’importanza del tema e della grande attesa che c’è intorno al testo da parte degli operatori sanitari – ha precisato Gelli -. Ciononostante il lavoro deve restare incardinato in Parlamento per arrivare alla stesura di un testo definitivo nel più breve tempo possibile”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Tonino Aceti, coordinatore nazionale di Cittadinanzattiva, che, intervenendo nel pomeriggio ad una tavola rotonda organizzata sempre nell’ambito della Festa della sanità e del welfare di Reggio Emilia, aveva evidenziato l’importanza del lavoro Parlamentare. “Non vorrei che dopo 10 anni di attesa proprio ora che si è arrivati in Parlamento alla condivisione di un testo base si cercassero scorciatoie da inserire in fretta e furia nella legge di stabilità”. Aceti, nel corso del suo intervento, aveva contestato duramente un passaggio contenuto nel documento elaborato dalla commissione tecnica del Ministero della Salute: “L’inversione dell’onore della prova che, in questo modo, ricadrebbe sul cittadino è per noi inaccettabile. Come può una persona magari sotto anestesia in una sala operatoria provare ciò che è accaduto in quei momenti. Non ha senso. Su questo punto non transigiamo – ha concluso – per noi è una questione di giustizia sulla quale non arretreremo di un centimetro – ha concluso -. Il rischio è che, in questo modo, si potrebbe passare ad un eccesso opposto: se, infatti, la responsabilità contrattuale dovesse ricadere solo sulle strutture sanitarie e se l’onore della prova diventasse a carico del cittadino, l’operatore sanitario potrebbe trovarsi in una situazione di eccessiva deresponsabilizzazione”.
Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanita – 13 settembre 2015