«Comprendo il disagio degli operatori della sanità ma l’ipotesi di una contrattazione limitata all’area sanità non appare percorribile». Questo il commento del ministro della Salute Beatrice Lorenzin di fronte alla dura presa di posizione dei sindacati della dirigenza del Ssn che protestano contro l’estensione al 2014 del blocco della contrattazione nazionale e aziendale in vigore dal 2009. Medici e veterinari del Servizio sanitario nazionale hanno annunciato ieri un giorno di sciopero se tale blocco sarà esteso al 2014. «Ho già avuto modo di confrontarmi con le organizzazioni sindacali della dirigenza medica e sanitaria per affrontare in modo concreto i problemi. Sappiamo tutti che nel Ssn è in atto una profonda riorganizzazione che deve qualificare la spesa, migliorare i servizi e le prestazioni ai cittadini»
E continua: «Nella scorsa legislatura è stato il Parlamento a decidere di dar vita al rinnovo degli accordi collettivi per il settore della medicina convenzionata, senza oneri economici, per adeguare le Convenzioni alle innovazioni nell’assistenza territoriale e dunque nell’organizzazione del lavoro. Adesso abbiamo l’esigenza di operare in maniera analoga nel settore della dipendenza, per armonizzare gli istituti contrattuali normativi ai processi di cambiamento in atto, tenendo conto che nel frattempo il Comparto Sanità è stato accorpato al Comparto Regioni. A legislazione vigente l’ipotesi di una contrattazione limitata all’area sanita non appare quindi percorribile».
«Auspico piuttosto l’avvio di consultazioni preliminari – aggiunge – per affrontare con un alto livello di approfondimento questioni che per esigenze di celerità potrebbero essere trascurate alla riapertura delle contrattazioni e in quest’ottica Governo e Regioni potrebbero investire il Comitato di settore perché, insieme alle organizzazioni sindacali, individui i temi».
Leggi di seguito l’intervista completa di Roberto Turno sul Sole 24 Ore al ministro della Salute Lorenzin
Dice basta ai «violenti» tagli lineari e ad altri ticket per 2 miliardi. E promette occupazione per i giovani medici a partire dal prossimo “piano lavoro” del Governo. Ma mette in guardia: «Nessun ritorno alla spesa pubblica disinvolta, tutt’altro». E allora avanti con i risparmi garantiti dai costi standard, dall’e-health, dalle cure sul territorio anche chiudendo («riconvertendo») i piccoli ospedali. Tutto col «Patto per la salute» da discutere con le Regioni già da fine luglio. «Possiamo risparmiare miliardi, garantendo qualità e la tenuta del sistema. Ma serve una fase nuova». Beatrice Lorenzin, da cinquanta giorni ministro della Salute, traccia la rotta della nuova governance del Ssn. E assicura: «Le industrie della salute non vanno abbandonate. L’industria buona va stimolata a non lasciare l’Italia.
Ministro, la sua è una cura da dottore benevolo. Stop ai tagli, sembra un sogno. Ma come fare?
Non sono un dottore benevolo, cerco una prescrizione appropriata. Ma sia chiaro: non sono fautrice del ritorno alla spesa pubblica disinvolta, tutt’altro. Conosco bene gli elementi di cattiva gestione e di governance che hanno causato lo splafonamento della spesa sanitaria. E so bene che bisogna perseverare sulla strada del risanamento.
Niente tagli lineari, quindi.
Certo, niente tagli lineari. Sono già stati fatti e in modo piuttosto violento. Forse allora poteva essere necessario. Ora si deve pensare alla qualità che con i tagli s’è persa. Ma sia chiaro: non si ricomincia a spendere.
Ma come fare? Per Saccomani i margini di risparmio ci sono.
Lo penso anche io. Sono possibili miliardi di risparmi. Bisogna passare però dai tagli lineari tout court a una riprogrammazione della spesa in una fase di una nuova responsabilità. Credo che tutte le Regioni si rendano conto che oggi o fai determinate cose e prendi certe misure, o il sistema non è più sostenibile. Il problema è di governance.
Dalle parole ai fatti, il passo non è breve.
Il «Patto per la salute» dovrà essere una nuova programmazione economica e assistenziale del sistema. Un «Patto» in pieno accordo con le Regioni, con un’azione unitaria e forte, alle quali dico: io non faccio tagli lineari, ma voi dovete sponsorizzare un livello di governance e di programmazione dalle Alpi agli Appennini che permetta di attivare i modelli virtuosi che hanno garantito risparmi ed efficienza.
Una scommessa, tanto più in tempi brevi.
Eppure è così. Con meno ricoveri e più cure domiciliari, possiamo risparmiare da 800 a 3mila euro per ricovero. Significa meno spese per miliardi di euro. Con l’e-health 7 miliardi di risparmi diretti e altri 7 indiretti. Per non dire dell’assistenza che potremmo garantire alla popolazione che invecchia. I modelli non ci mancano, le performance vanno esportate ovunque. Per non dire del passaggio ai costi standard, che in alcuni casi ci farebbe risparmiare tra il 15 e il 30% dei costi, in totale più di 10 miliardi. Con più qualità.
Sembra la quadratura del cerchio…
Eppure con la centrale unica di acquisiti della Consip si sono avuti questi margini di risparmio. Altro che i 2 miliardi necessari per evitare i ticket.
Tutto da fare col «Patto»?
Certo.
Ma i governatori dicono: discutiamo se ci sono i fondi.
Io non sono il ministro dell’Economia e non parlo per lui. Ho trovato però in Saccomanni un interlocutore molto attento e sensibile alla questione sociale. È con questo senso di responsabilità che andrò al tavolo con le Regioni e so che c’è piena identità col ministro dell’Economia, e, sono sicura, anche con le Regioni. Non si tratta di fare un braccio di ferro o conflitti di competenze. Ma, a risorse date e in una fase così difficile per tutti, di gestire e ridistribuire i fondi nel modo migliore possibile. Serve responsabilità da parte di tutti, anche degli operatori. Partendo col piede giusto e riconoscendo che le Regioni non sono in grado di sostenere altri tagli lineari. Ma questo non può significare aumento della spesa.
Come cambiare i ticket? Pagando per franchigia a seconda delle fasce di reddito?
Non so se la franchigia funzionerebbe. Il problema va inquadrato nella riforma complessiva del Fisco e in questa fase abbiamo la necessità che non si inventino nuove tasse che vanno sempre a opprimere un ceto medio che va scomparendo, mentre è il motore di una nazione. L’obiettivo non è solo di aiutare le persone povere, ma di fare in modo che chi non è povero oggi, non lo divenga domani. Servono piedi di piombo.
Quando si parte col «Patto»?
Spero per fine luglio.
Si parlerà anche dei Lea?
Certamente. Ai Lea serve una manutenzione, tenendo conto delle malattie rare e verificando le prestazioni non più attuali per i bisogni della popolazione e di altre che sono entrate con forza nell’assistenza.
La riforma della rete ospedaliera è in panne, i tagli sono fermi. Come le mitiche cure h24. Che farà?
Saranno argomenti cruciali del «Patto». Anche per un altro motivo: se si tagliano i posti letto e il territorio non c’è, dove si va? Le due cose devono camminare insieme. Va tagliata la spesa improduttiva, vanno riconvertiti i piccoli ospedali che non garantiscono prestazioni adeguate, salvaguardando le realtà locali.
La gente non capirà…
Il buon senso delle persone è molto più avanti delle regole burocratiche e la politica deve mediare questo buon senso e farlo diventare pratica. Per farlo bisogna rimboccarsi le maniche e spiegare che riprogrammare il sistema sanitario conviene, con la pazienza di convertire posti di lavoro magari nel socio-assistenziale, offrire servizi sul territorio. Questo la gente lo capisce.
I medici hanno appena minacciato lo sciopero a luglio contro il blocco dei contratti. Altra grana…
Comprendo il disagio degli operatori della sanità e ho già avuto modo di confrontarmi con loro. Nella scorsa legislatura il Parlamento ha deciso di dar vita al rinnovo degli accordi nella medicina convenzionata, senza oneri economici, per adeguare le convenzioni. Adesso abbiamo l’esigenza di operare in maniera analoga per la dipendenza. L’ipotesi di una contrattazione limitata alla sanità non è percorribile. Auspico l’avvio di consultazioni per approfondire questioni che per esigenze di celerità potrebbero essere trascurate alla riapertura delle trattative. Governo e Regioni potrebbero investire il comitato di settore e individuare i temi con i sindacati.
E per l’occupazione?
I medici vanno valorizzati, serve una riforma della specializzazione. È necessario intervenire presto. Ne ho parlato con i ministri Carrozza, D’Alia, Saccomanni, Giovannini. Ci saranno risorse come i fondi che devono arrivare dall’Europa con uno “spicchio” particolare per le professioni sanitarie. Senza dimenticare l’investimento nella medicina generale.
La filiera industriale della salute vale il 12% del pil nazionale, è un volano per la crescita. Eppure si sente una ricchezza dimenticata.
È un serbatoio che ci garantisce occupazione qualificata e investimenti. Sto facendo una serie di incontri con gli operatori dell’industria. Penso a misure attive, anche di semplificazione o coordinamento, che facciano comprendere come intorno alla salute si produce economia, che questo fa bene al sistema sanitario e che vuol dire produrre eccellenze, ricerca applicata, lavoro di altissimo livello. Bisogna capire i bisogni dell’industria per farla rimanere in Italia e non mandarla all’estero. La buona industria non va abbandonata. Va sollecitata, stimolata e pungolata a rimanere nel nostro Paese.
20 giugno 2013