Incontro positivo che ha consentito di toccare molti punti nodali delle politiche di carattere sanitario, dalla legge di bilancio all’edilizia sanitaria, dallo sblocco turn-over all’accesso alla professione sanitaria fino alla partita della governance farmaceutica e naturalmente al decreto vaccini. Questa la fotografia del confronto serrato tra il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e le Regioni ieri nella sede della Conferenza delle Regioni. Un incontro nel corso del quale, come ha affermato Lorenzin alla conclusione della maratona durata tre ore, sono state affrontate le linee di lavoro per i prossimi mesi.
“È andata molto bene – ha detto (vedi anche video con intervento integrale del ministro in risposta alle domande dei giornalisti) – abbiamo affrontato le linee di lavoro per i prossimi mesi che sono importanti per ribadire aspetti del Patto della salute rimasti in sospeso, ma anche per portare a compimento nuove sfide come quella di affrontare la legge di bilancio che dobbiamo presentare in autunno. Abbiamo parlato di edilizia sanitaria e di trovare modalità nuove per il fondo da 700 mln dell’Inail, ragionato sullo sblocco del turnover e sul portare a compimento l’articolo 22 del Patto sull’accesso alla professione sanitaria. Abbiamo parlato di edilizia sanitaria, dell’ammodernamento del parco tecnologico, di nuove modalitàper poter affrontare le sfide di Regioni che devono avere insiemele strutture, il territorio e i mezzi che permettano di aumentare efficienza e servizi”.
Tema sotto i riflettori il decreto vaccini. Le modifiche in sede di conversione al decreto sui vaccini sono possibili, ma il provvedimento non va snaturato degli elementi scientifici, ha ribadito Lorenzin. “Abbiamo presentato un decreto che contiene vari aspetti – ha chiarito – poi dal Parlamento mi aspetto le azioni di miglioramento, e su questo il mio atteggiamento è totalmente laico. Unico punto per me che rimane inderogabile è che il decreto non può venir meno agli elementi scientifici messi in campo. Questo non è un decreto politico è un decreto tecnico che risponde ai bisogni di urgenza per prevenire le emergenze. Bisogni di urgenza che ci sono stati indicati dalle autorità scientifiche, l’elenco delle vaccinazioni è stato stilato dalle autorità sanitarie e scientifiche quindi le modifiche al decreto vanno bene solo se avvalorate da autorità sanitarie”. Anche le sanzioni possono essere rimodulate: “Non sono penali ma economiche – ha specificato – e l’importante è che non vengano sminuite altrimenti perderebbe senso la sanzione stessa”.
E la sentenza della Corte Ue di ieri? Non sarà un problema per l’applicazione del decreto. Secondo il ministro la sentenza di fatto afferma quello che già succede, cioè il giudice ascolta le parti e decide: “Per questo abbiamo proposto un albo dei periti in base all’impact factor”.
Infine, sull’impugnazione del decreto da parte del Veneto: “Sul ricorso alla Consulta della Regione non ho nessun timore sulla costituzionalità del decreto, nessuno. Il Veneto si assumerà la responsabilità, da grande regione qual è, di dire che questo decreto non serve. Il Veneto dieci anni fa ha rinunciato all’obbligo vaccinale. Quando dice di avere buoni dati sulle coperture vaccinali io dico che non li ha – ha affermato Lorenzin -. Per raggiungere l’89,19% sulle vaccinazioni per il morbillo il Veneto ha dovuto fare degli sforzi enormi anche sul piano economico e nonostante ciò è ancora molto distante dalla soglia del 95%. Il Veneto ha registrato dall’inizio dell’anno 250 casi di morbillo, il 40% dei casi ha richiesto il ricovero, il 35% ha avuto complicanze e si sono registrati il 16% di accessi difficili nei Pronto soccorso. Questa regione avrebbe dovuto chiedere al Ministero della Salute di fare una legge sull’obbligo per rispondere di questi numeri a tutela della salute dei propri cittadini. Ebbene, come Ministro, con il decreto, mi sono assunta una responsabilità per tutti, anche per i veneti. Qui non è importante quale sarà la fine del percorso, qui è importante il messaggio che la Regione sta dando ai suoi cittadini. Un messaggio che dice che i Vaccini non servono, che non c’è bisogno dell’obbligatorietà”. Su questi temi, ha concluso il ministro, “dovremmo fare fronte unico, il fronte unico dello Stato contro l’anti-scienza per rassicurare le persone che sono disorientate e non capiscono i distinguo”.
Sulla stessa linea d’onda Antonino Saitta, Coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle regioni. “Abbiamo toccato le questioni che necessitano di una ripresa di un impegno politico, come il Patto per la salute, il fondo indistinto e quello vincolato. Ci sono però due elementi di novità che oggi abbiamo introdotto e che riguardano gli investimenti in edilizia sanitaria e in tecnologia”. Le risorse sono quelle che sono, ha ricordato, tuttavia stiamo stiamo assistendo alla costruzione di ospedali nuovi e alla dismissione di quelli vecchi. “Questo significa – ha aggiunto –che abbiamo un patrimonio immobiliare che non viene più utilizzato, che non viene ricapitalizzato. Molte regioni – ha aggiunto – stanno utilizzando lo strumento del partenariato pubblico-privato, come previsto dal codive degli appalti, che consente di finanziare una parte dell’investimento attraverso un privato che viene remunerato con una parte delle economie che vengono fatte”.
L’idea emersa è quindi quella di arrivare ad una norma a livello nazionale che consenta di poter rendere disponibile patrimonio immobiliare delle Asl, come avvenuto per le caserme, per creare quindi risorse da reimmettere nel fondo sanitario nazionale altrimenti è un patrimonio che decade. “Si potrebbe fare un’operazione unica nazionale: conferimento di questo patrimonio in fondo nazionale, valorizzazione e poi risorse alle regioni. È un’operazione che può dare buoni risultati perché consente di passare ad un’edilizia più tecnologica”.
Secondo tema è quello delle professioni sanitarie. “C’è una grande preoccupazione – ha detto Saitta – ci sono professioni come medici di urgenza e anestesisti che stanno scomparendo. In alcune Regioni i concorsi rimangono senza candidati. C’è quindi una necessità di riallineare la domanda all’offerta, questo vuol dire che dobbiamo intervenire anche sulla formazione. Abbiamo chiesto al ministro, e su questi ha concordato, di costituirei organo con il Miur e le Regioni in modo di favorire processi di formazione adeguati alla domanda, proprio perché c’è una discrasia enorme che ci preoccupa adesso e per il futuro”.
La stessa preoccupazione vale anche per medici di famiglia. “Abbiamo proposto la specializzazione in medicina generale perché il loro è un ruolo importante – ha detto Saitta – se vogliamo rimodulare l’offerta anche in funzione della domanda territoriale dobbiamo avere medici con competenze maggiori rispetto al passato: per questo abbiamo iniziato ad anticipare il tema della loro valorizzazione. Stiamo quindi lavorando in Commissione per accelerare questo percorso e arrivare al rinnovo dell’accordo collettivo nazionale”.
Zaia. vogliamo i medici di base pubblici
Un bilancio della sanità in attivo di 300 milioni di euro per la voce mobilità sanitaria, investimenti in tecnologie avanzate come i robot per la sala operatoria, riorganizzazione delle piante organiche in stile manageriale, costi standard e medici di base a gestione totalmente pubblica che affianchino quelli privati, in modo da offrire assistenza capillare e costante.
È questa la risposta tutta Veneta per una buona sanità che il Governatore del Veneto, Luca Zaia, ha presentato al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.
Primo punto in agenda, la mobilità sanitaria. “Nonostante porti entrate nelle casse regionali – ha dichiarato Zaia – da noi arrivano pazienti con patologie complesse, come i trapianti, che sono anche molto costose e non portano certo attivi di bilancio. Per noi la mobilità sanitaria è questione etica, una riprova delle prestazioni di eccellenza che il sistema veneto riesce ad offrire”.
Per quanto riguarda l’innovazione, poi, bisogna tenere conto che “nel giro di 10 anni vivremo un’autentica rivoluzione grazie a tecnologie avanzate, chirurgia robotica e al digitale. La vera sfida sono gli investimenti in innovazione tecnologica e la deospedalizzazione. La buona sanità non si misura del numero dei posti letto – ha aggiunto – ma dagli investimenti in attrezzature d’avanguardia, robot in sala operatoria, day-surgery e day-hospital”.
Per quanto riguarda i medici di medicina generale, per Zaia è “fondamentale riconoscere il loro ruolo essenziale nella filiera della sanità. Ma – ha avvertito – i medici di base non possono essere irreperibili nei weekend o limitarsi a svolgere in ambulatorio soltanto un certo numero di ore la settimana. La copertura della medicina territoriale, in Veneto e come in Italia, dovrebbe essere capillare e costante. Per questo abbiano intenzione di introdurre la figura del medico di medicina generale totalmente pubblico, creando quindi un sistema misto pubblico-privato”.