L’aggiornamento 2017 delle specie in via di estinzione nel mondo e in Italia, affidato all’Organizzazione non governativa Iucn e alle sue “liste rosse” quindi sistematizzato dal Wwf nel report “Cambiamenti climatici e sesta estinzione di massa”, ci dice che 700 specie animali nel mondo sono a rischio (diciassette in modo grave, cinque delle quali in Italia). E ci segnala, ancora, che il peggioramento del loro stato è repentino e ha superato la soglia della preoccupazione.
La sesta estinzione di massa è ormai un riassunto comune nel mondo ambientalista dell’effetto prodotto dai mutamenti climatici, dall’inquinamento, dallo sfruttamento avido delle risorse. Solo che le prime cinque estinzioni sulla Terra, realizzatesi negli ultimi 500 milioni di anni, sono stato frutto di fenomeni geologici naturali, la sesta vede come protagonista unico l’uomo tecnologico.
Le estinzioni nel mondo. Con l’arrivo, sabato prossimo, 25 marzo, dell’evento Earth Hour-Ora della Terra, da 60 anni sensibilizzatore mondiale delle urgenze ambientali, il report Wwf ci ricorda che entro il 2050 – senza inversioni di tendenza – la progressiva riduzione della banchisa polare porterà alla perdita di due terzi degli orsi polari. In questi giorni il ghiaccio marino dell’Artico ha segnalato il suo livello minimo – primaverile – mai registrato in 38 anni di misurazioni satellitari: il pack artico si riduce del 3 per cento ogni 10 anni togliendo spazi vitali all’orso bianco. Sempre nell’Artico, i beluga sono più attaccabili dalle orche: la loro capacità di vivere nelle acque più fredde li aveva protetti, ora i loro predatori, aiutati dal riscaldamento anche del Mar Glaciale Artico, possono spingersi più a Nord per cacciarli.
Pinguini. In Antartide il 75 per cento della popolazione dei pinguini di Adelia potrebbe scomparire se le temperature del globo cresceranno di 2 gradi. Stime pubblicate su Nature dicono che rischiamo di perdere fino al 70 per cento delle specie di passeriformi migratori in Australia e ai Tropici a causa del climate change. Il panda, simbolo del World Wide Fund (il Wwf), è in lieve ripresa numerica, ma la sua proliferazione resta dipendente dalle fragili foreste di bambù. Nel ghepardo l’aumento della temperatura ha provocato una netta riduzione della fertilità maschile. Sulle montagne himalayane, dove i ghiacci si stanno ritirando troppo celermente, è a rischio il leopardo delle nevi. Un terzo esatto degli anfibi, i cui complessi cicli vitali si compiono tra terra e acque dolci, è inserito nelle liste rosse Iucn. Le balie nere olandesi, uccelli migratori, sono diminuite del 90 per cento dal 1987 al 2003: il loro arrivo nel Nord Europa si è via via spostato in avanti a causa del caldo anticipato e non ha più coinciso con il picco di disponibilità delle larve di cui si nutrono.
L’International Union for Conservation of Nature indica che il 47 per cento delle specie di mammiferi monitorate e il 24,4 per cento degli uccelli hanno subito un impatto negativo dai cambiamenti climatici. In totale, sono 700 specie. A rischio estinzione. In questo panorama faunistico si inserisce l’anno orribile, il 2016, dei coralli: in tutti gli oceani stanno morendo a causa del fenomeno del bleaching (sbiancamento) dovuto alla scomparsa delle zooxantelle, alghe unicellulari capaci di fotosintesi che forniscono il colore ai polipi dei coralli. Gli incrementi della temperature del mare oltre un certo limite uccidono le alghe e sbiancano il corallo. La barriera australiana è stata danneggiata al 67 per cento e settecento chilometri su duemilatrecento del reef sono considerati irrimediabilmente perduti. Gravi danni sono stati constatati anche nella barriera giapponese, la Sekisei Shoko.
Un Mediterraneo tropicale. Nel Mar Mediterraneo, sostiene il Wwf, è in corso un vero e proprio processo di tropicalizzazione del bacino: con l’aumento delle temperature si assiste all’invasione dell’habitat da parte di specie aliene, introdotte dall’uomo o in arrivo dal Mar Rosso attraverso il Canale di Suez. Se ne contano più di mille, cento sono pericolose per la biodiversità del mare. Nel Mediterraneo orientale, le acque libanesi e siriane, le specie non indigene rappresentano più della metà del pescato.
Le estinzioni in Italia. Sulle Alpi abbiamo perso il 40 per cento della superficie dei ghiacciai negli ultimi 40 anni: erano 519 chilometri quadrati, sono 368. Il fatto compromette lo sviluppo dell’ermellino, che con lo scioglimento delle nevi rischia di essere più facilmente predato, del fringuello alpino che ama le condizioni rigide, della pernice bianca.
Stambecchi a rischio. La stagione vegetativa nelle aree montane dove vivono, ancora, gli stambecchi è sempre più anticipata: i prati si sono impoveriti di proprietà nutritive e non offrono foraggio adatto ai capretti nel momento critico del loro svezzamento. La sopravvivenza dell’animale è scesa dal 50 per cento degli Anni ’80 al 25 per cento di oggi. Significa che muoiono sette-otto cuccioli ogni dieci. In inverno le famiglie degli stambecchi perdono componenti a causa delle valanghe. Nel solo Parco Nazionale del Gran Paradiso la popolazione è di 200 esemplari, questione resa ancora più seria dal fatto che qui è in corso un esperimento di ripopolamento.
Poca pioggia. La diminuzione delle precipitazioni ha diminuito in Italia, infine, la presenza dell’Ululone dal ventre giallo, un rospo canterino delle aree appenniniche. Soffrono gli abeti bianchi, crescono meduse e zanzare. Si avvertono rarefazioni anche per le piante, a partire dalla famosa Stella alpina (diffusa sia nelle Alpi che nell’Appennino). L’abete bianco, tipico albero di Natale delle regioni settentrionali, sta subendo il fenomeno del Tannesterben: l’eccessiva umidità atmosferica favorisce i suoi parassiti. E’ esplosa la colonizzazione di alcuni alberi da parte di coleotteri del Nord America e dell’ormai famigerato punteruolo rosso, responsabile della moria di palme. La vespa cinese sta causando la malattia di molti castagni.
Avvantaggiate da climi più caldi e dalla riduzione delle punte di freddo invernali che ne contenevano la diffusione, crescono alcune specie di zanzare, portatrici di malattie come la dengue, la febbre gialla e la malaria. In un Mediterraneo surriscaldato proliferano anche le meduse.
Earth Hour. La presidente di Wwf Italia, Donatella Bianchi, così commenta il rapporto: “Ormai la scienza ci dice che i cambiamenti climatici ci stanno conducendo in un territorio ignoto, mai visto da quando esiste l’esperienza della civiltà umana. Earth Hour, che si svolgerà sabato prossimo, è il nostro modo di chiedere a tutte le persone di mobilitarsi e diventare parte attiva del cambiamento attraverso un piccolo gesto personale, quello di spegnere le luci per un’ora”. L’anno scorso con Heart Hour 178 paesi hanno chiesto di accelerare gli impegni verso una rapida decarbonizzazione delle nostre economie e per limitare il riscaldamento come sottoscritto con l’Accordo di Parigi.
L’appuntamento in Italia per l’evento ecologista è per le 20.30 e sono 400 i comuni coinvolti. Cene a lume di candela e balli in piazza, passeggiate notturne in oasi verdi. Resteranno al buio la facciata del Museo Maxxi di Roma e, per un’ora, la Basilica di San Pietro, il Colosseo, la Mole Antonelliana di Torino, l’Arena di Verona, Piazza San Marco a Venezia. I clienti Wind, 3 e Infostrada potranno donare due euro a favore dei progetti Wwf dedicati alle specie minacciate inviando un sms o chiamando il 45555 fino al 28 marzo.
Repubblica – 23 marzo 2017