Poveri cetrioli e poveri germogli di soia. Entrambi messi sotto accusa, ingiustamente, rimasti invenduti e ancora scansati per la paura, a causa di quello che si potrebbe definire un clamoroso errore scientifico. E dove accade tutto questo? Nella Germania, che sta viaggiando con una crescita del Prodotto lordo nazionale del 4,9 per cento. Ossia in quella superpotenza industriale che è anche una superpotenza tecnologica e scientifica, modello di organizzazione perfetta, a cultura superecologica. Ma non c’ niente da sorridere o deridere. Il problema è che anche il più sofisticato dei mondi, il più avanzato sul piano della conoscenza, conosce delle sconfitte.
Il perché, al di là di tanti veri o falsi orgogli, sta nel fatto che non conosciamo ancora a sufficienza le leggi che guidano in profondità la biologia. Il batterio, sia un mini-vivente o meno, è una malabestia perché capace di trasformazioni così camaleontiche sia da sfuggire ai nostri controlli sulla sua provenienza, sia da beffare le nostre cure, almeno per il momento. Si potrebbe parlare di un invito all’umiltà del nostro sapere. Infatti né le nuove scoperte, né le nuove tecnologie, né le nuove acquisizioni scientifiche, pur supportaste da nuovi metodi di analisi e di indagine, in una parola da quello che ci ostiniamo speranzosamente a chiamare progresso, riescono a darci una assoluta tranquillità, una rassicurazione senza dubbi.
In effetti è proprio questo limite del nostro sapere che ci riempie di paura. A renderci più consapevoli è nientemeno che la nostra scienza sempre più avanzata. Il che non sembri un paradosso. Più conosciamo, più scopriamo malattie e infezioni, e dunque più avvertiamo la nostra fragilità, nonostante le epidemie e infezioni che abbiamo debellato.
Insomma, per una sorta di meccanismo perverso, il progresso sembra creare nuovi dubbi, nuove incertezze in una rincorsa affannosa a trovare le toppe, per turare le nuove falle. A ciò si aggiunga l’effetto dilatatore della paura procurato dalla diffusione dei mass media. Anche qui a causa della nuova tecnologia digitale, del sistema di informazione in rete capillare senza limiti di spazio e di tempo.
La memoria, del resto, ci ricorda che il batterio Escherichia coli sembra fare il paio, per chi se lo ricorda, con la paura del vibrione ai tempi del colera di Napoli. Certo da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma ! le paure, le incertezze sono rimaste, anzi sono aumentate fino a susseguirsi a scadenze quasi prestabilite.
Nessuno ha dimenticato la mucca pazza, l’influenza aviaria, le uova alla diossina, il latte alla melanina, l’acqua all’arsenico, le mozzarelle blu, caso che pure scoppiò proprio in Germania. Ultima è la paura e ancora il dubbio su questi cellulari, diventati ormai una protuberanza accessoria dell’orecchio umano che potrebbero, secondo l’ultimo allarme, procurare nientemeno che il tumore al cervello.
Il guaio è che ai dubbi, che ci consegna ancora una scienza pur raffinatissima, si aggiungono le furfanterie di produttori senza scrupoli, che in nome del guadagno sono capaci di immetter prodotti adulterati nel mercato. Ciononostante non è il caso di lanciarsi prendere dal panico. Viviamo meglio di ieri. Ma in forma più ansiosa.
Bruno Cescon – l’Arena – 8 giugno 2011