«Mi aspetto che l’Expo dedicato all’alimentazione sia anche un’occasione per riflettere sullo status degli animali, sulle sofferenze negli allevamenti intensivi, sulla loro non sostenibilità ambientale ed economica, sull’alternativa vegetariana. Inaccettabile che consideri gli animali soltanto come cibo».
Lo ha detto oggi l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, nella duplice veste di ex Ministro del Turismo e di presidente della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, durante l’incontro pubblico “Expo e animali: un’occasione perduta?” organizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Turismo Responsabile.
«C’è il rischio concreto», spiega l’ex ministro, «di vedere una manifestazione ambiziosa anche dal punto di vista culturale ridursi a una versione planetaria delle sagre di villaggio – un villaggio globale – dove i venditori (governi o multinazionali) si contendono gli spazi per impiantare il chiosco e smerciare le proprie specialità (per lo più a base di carne). Nei giorni scorsi, per esempio, abbiamo visto il “porcetto” sardo, penalizzato dalla peste suina, soccombere dinanzi all’avanzata delle bistecche di coccodrillo dello Zimbabwe e del “fritto d’insetti”. E chissà quante altre contese del genere ci attendono, per la gioia dei titolisti dei giornali».
I NUMERI. Anche chi tiene in poco o in nessun conto il benessere degli animali negli allevamenti e guarda agli animali essenzialmente «come cibo» dovrebbe riflettere, secondo l’onorevole Brambilla, per esempio sui dati diffusi nelle scorse settimane dall’organizzazione “Compassion in world farming” a proposito del nostro Paese. Sono cifre che definire impressionanti è dir poco: In Italia 60 milioni di persone condividono il territorio con 136 milioni di polli, 8,7 milioni di suini, 6,1 milioni di bovini, 73,5 milioni di conigli e 25,2 milioni di tacchini (fonte Faostat); oltre il 50% dei cereali prodotti in Italia è utilizzato per nutrire gli animali (stime basate su dati Faostat). Ancora: il 71% degli antibiotici venduti in Italia è destinato agli animali (fonte: Ecdc/Efsa/Ema) e il nostro Paese è il terzo maggiore utilizzatore di questi medicinali negli animali da allevamento in Europa, dopo Spagna e Germania (European Medicines Agency). Da stime basate su dati Faostat emerge, poi, che il 79% delle emissioni di ammoniaca prodotte in Italia proviene dall’allevamento, come il 72% delle emissioni di gas serra generate dall’agricoltura (Ispra). Secondo stime della stessa Ciwf, infine, le emissioni imputabili all’allevamento, considerando anche quelle dell’agricoltura finalizzata alla produzione di mangimi, possono raggiungere l’80% del totale.
LO STILE DI VITA VEGANO. L’ex ministro si chiede infine quale spazio si vorrà dare allo stile di vita vegano/vegetariano, a chi, cioè, non considera gli animali come cibo o vuole comunque orientarsi verso una forma «più responsabile» di alimentazione: 75 milioni di persone globalmente, con tendenza all’aumento, secondo l’Economic and social research institute di Dublino, tra i 4,2 e i 7 milioni in Italia secondo le varie stime. «Ignorare questa domanda e tutto il mondo che c’è dietro», sottolinea Brambilla, «sarebbe un gravissimo errore, non solo perché accrediterebbe ulteriormente l’immagine dell’Expo come “vetrina privilegiata” dei grandi gruppi, della grandi filiere e dei grandi interessi, ma anche perché significherebbe trascurare una parte non indifferente del mercato. Spero quindi che vi siano spazi espositivi in cui i visitatori possano “incontrare” l’offerta vegana e vegetariana o ritrovarla se già la conoscono. Vedremo se l’Expo approfondirà questi temi».
8 marzo 2015