La veterinaria “Può essere una buona strada per la prevenzione: spesso si abusa di molti farmaci”
Un granulo e un’erba medica anche per la mucca e i suoi vitelli, nel nome dell’ambiente e del benessere, loro e nostro. Nell’Ue c’è chi è disposto a scommettere 2 milioni per vedere se funziona, se è possibile intervenire in modo sistematico sulla salute degli animali da allevamento con la medicina non convenzionale, ricorrendo a omeopatia e fitoterapia. «E’ nella logica della risoluzione con cui l’Europarlamento ha invocato in maggio un taglio degli antibiotici negli allevamenti continentali», assicurano la tedesca Ulrike Rodust e il portoghese Luis Capoulas, i socialisti alfieri della proposta che ha scatenato l’ira dei conservatori britannici. Per i quali, è «una pazzia destinata a bruciare soldi».
Il testo è stato approvato in commissione Agricoltura sotto forma di emendamento al Bilancio 2012 e ora attende l’esame della plenaria. Prevede l’avvio di un progetto pilota, con appunto 2 milioni di dote, che coordini la ricerca sui metodi di cura non tradizionali, a partire da omeopatia e fitoterapia. L’approccio vuole essere scientifico, i fondi vanno usati per raccogliere dati e coordinare le esperienze degli Stati membri. Si mira a capire cosa e quanto si può fare per recuperare il tempo perduto «all’europea», visto che – ad esempio – una direttiva del 2007 sui prodotti bio «suggerisce» come approccio prioritario il non convenzionale. Disposizione illuminata che, poiché volontaria, è stata disattesa.
Tutto nasce con gli antibiotici, questione nel mirino delle istituzioni Ue. Quasi la metà di questi farmaci è destinata a uso veterinario e somministrata per scopi curativi. La conseguenza riscontrata frequentemente è la crescente resistenza antimicrobica dei capi. E’ una minaccia per gli allevamenti di bestiame europei che, sottolinea la risoluzione firmata in primavera da Paolo De Castro (Pd), si trasmette all’uomo attraverso gli alimenti, lo rende immune a determinate cure, dunque più debole.
Il non convenzionale si fa largo a fatica. Carla De Benedictis, veterinaria e omeopata, sostiene che l’approccio alternativo «può, certo, essere una componente rilevante nella prevenzione delle malattie animali soprattutto laddove, come nel biologico, l’uso degli antibiotici è vietato come cura preventiva.». A suo avviso l’apertura europea consentirebbe di «uscire da una contraddizione», quella di un invito nel regolamento Cee a ridurre le terapie a base di farmaci tradizionali che in pochi rispettano, perché non si è mai investito nella ricerca nè legittimato il comparto non convenzionale.
Richard Ashworth, euroconservatore inglese, assicura che si tratta di «cavolate» e si affida ad una dichiarazione dell’Associazione veterinaria britannica per la quale «gli effetti dell’omeopatia non sono provati». Paolo De Castro, presidente della Commissione Agri dell’Europarlamento, assicura invece che questa «è certamente una strada da battere, tuttavia non l’unica». Bisognerebbe anche rivedere, suggerisce, «il divieto di uso delle farine animali per polli e pesci». Gli antibiotici sono spesso necessari, ammette, ma è ragionevole ridurne l’uso. L’omeopatia è una carta stimata efficace e possibile con molti nemici per convincere i quali il Parlamento Ue è pronto a investire 2 milioni.
Lastampa.it – 3 settembre 2011