L’analisi condotta su un gruppo di operatori sanitari dell’Università di San Diego in California è stata pubblicata sul New England Journal of Medicine. «Variante Delta e assenza di mascherine le principali cause»
Open online «Un drammatico cambiamento dell’efficacia», il nuovo studio scientifico pubblicato sul New England Journal of Medicine parla dei vaccini anti Covid-19 a mRna, i più all’avanguardia tra quelli finora approvati dagli enti regolatori eppure messi a dura prova dalla variante Delta. L’efficacia di Pfizer e di Moderna contro il virus è passata da oltre il 90% del mese di marzo al 65,5% a luglio. Risultati che emergono dall’analisi condotta sui lavoratori della sanità dell’Università di San Diego in California e che dimostrano anche quanto la protezione dal virus possa diminuire nel tempo. «Il drammatico cambiamento nell’efficacia del vaccino da giugno a luglio è probabilmente dovuto sia all’emergere della variante Delta che alla diminuzione dell’immunità durante i mesi trascorsi», spiega lo studio, «aggravata dalla fine dei requisiti di mascheramento in California e dal conseguente maggiore rischio di esposizione nella comunità». Gli esperti forniscono le possibili cause dell’ abbassamento di percentuale dell’efficacia facendo notare come il periodo interessato dalla diminuzione coincida non solo con la diffusione della nuova mutazione ma anche con la fine dell’obbligo di indossare le mascherine nello Stato e quindi con una minore prudenza nei comportamenti della popolazione.
I numeri del calo di efficacia dei vaccini mRna
Gli scienziati sono partiti col notare un notevole aumento delle infezioni Sars-CoV-2 a giugno scorso negli operatori sanitari immunizzati a dicembre del 2020 proprio con i vaccini a mRna. Il 76% di loro a marzo aveva ricevuto le due dosi, percentuale che a luglio è salita all’83%. All’inizio di febbraio le infezioni sono diminuite drasticamente. Tra marzo e luglio meno di 30 operatori sanitari sono risultativi positivi ogni 30 giorni. Dal 15 giugno è cominciata la risalita più preoccupante. Nello specifico dal 1 marzo al 31 di luglio sono stati 277 i contagiati in totale, di cui 130 (il 57,3%) che avevano completato il ciclo vaccinale. L’infezione si è trasformata in malattia sintomatica in 109 dei 130 (83,8%) immunizzati e in 80 dei 90 non vaccinati, l’88,99%. Lo studio non ha registrato alcun decessi in nessuno dei due gruppi e un soggetto non vaccinato è stato ricoverato in ospedali con sintomi gravi. Sulla stessa platea descritta è stata quindi calcolata l’efficacia del vaccino per ogni mese da marzo a luglio registrando un forte abbassamento di protezione che dal 95% e 94,1% di Pfizer e di Moderna è scesa al 65,5%. «In Inghilterra dove è stato utilizzato un intervallo di somministrazione esteso fino a 12 settimane», spiega anche lo studio, «l’efficacia si è invece mantenuta all’88%».
«Ripristinare subito mascherina e fare terzo richiamo»
Nelle conclusioni dello studio gli esperti guidati dal professoressa Jocelyn Keehner invitano a prendere decisioni immediate per evitare che le percentuali di efficacia dei vaccini scenda ancora. «I nostri risultati sottolineano l’importanza di ripristinare rapidamente gli interventi non farmaceutici, come il mascheramento indoor e le strategie di test intensivi», scrivono i ricercatori. Senza dimenticare la necessità di uno sforzo ulteriore nella campagna vaccinale: «La diffusione di questa formidabile variante necessità un impegno ancora più duro per aumentare le vaccinazioni ma non solo. Se i nostri risultati sulla diminuzione dell’immunità verranno verificati anche in altri contesti, è necessario considerare dosi di richiamo per tutti».