Laura Galvagni, Il Sole 24 Ore. Circa 75 miliardi di dollari di perdite. È questo il conto monstre dei danni causati nel primo semestre del 2022 da eventi catastrofali. Lo ha calcolato Swiss Re, il gruppo riassicurativo che ogni anno produce un corposo studio sugli impatti del cambiamento climatico, anche in termini di costi per il settore delle polizze.
Il valore registrato nei sei mesi è fondamentalmente in linea con la media degli ultimi dieci anni (80 miliardi di dollari) mentre è inferiore ai 95 miliardi del primo scorcio del 2021. Va detto, tuttavia, che in questa cifra non sono contemplati gli effetti del caldo torrido patito in questi mesi. La temperatura media globale a giugno 2022, ha sottolineato sempre Swiss Re, è stata di circa 0,3 gradi superiore alla media del periodo tra il 1991 e il 2020, rendendo l’inizio dell’estate il terzo giugno più caldo mai vissuto. Questo fenomeno ha evidentemente, a sua volta, peggiorato il quadro generale già colpito dalla siccità, aumentando peraltro la probabilità di incendi.
E se si guarda all’intero 2021, il quadro si fa ancora più preoccupante. Sempre secondo le stime di Swiss Re, è stato un anno di intensa attività catastrofale in tutto il mondo, incluso episodi di forti precipitazioni, caldo, neve e freddo, oltre al violento terremoto ad Haiti, uragani, incendi e tornado. Al punto che i disastri, naturali e causati dall’uomo, hanno provocato perdite economiche globali per 280 miliardi di dollari (217 miliardi nel 2020), il sesto valore più alto presente negli archivi dell’istituto di ricerca del gruppo riassicurativo. Istituto, tra l’altro, che ha stimato che se le temperature continueranno a crescere lungo questa traiettoria e gli obiettivi di emissioni zero al 2050 non verranno raggiunti il mondo perderà l’11% del proprio Pil.
Nel 2021 oltre a un devastante terremoto ad Haiti che, purtroppo, ha causato più di 2 000 vittime, si sono verificati più di 50 gravi eventi alluvionali in tutto il mondo, oltre a cicloni tropicali, episodi di freddo e caldo estremi e forti tempeste convettive. Il settore assicurativo ha coperto 119 miliardi di dollari di perdite, la quarta cifra più alta mai registrata, di cui 111 miliardi sottoforma di risarcimento dei danni.
In generale, ha segnalato Swiss Re, tolti gli eventi di portata epocale sono i rischi secondari, come grandinate e inondazioni, a rappresentare la maggiore causa di perdite, soprattutto sul piano assicurativo. Nel 2021, per esempio, due eventi di questo genere come la tempesta invernale Uri negli Stati Uniti e le devastanti inondazioni nell’Europa centro-occidentale a luglio, hanno generato ciascuno danni in eccedenza per 10 miliardi di dollari. Nello studio del gruppo riassicurativo, si calcola che i soli fenomeni alluvionali colpiscono più persone in tutto il mondo di qualsiasi altro pericolo: riguarda circa il 29% della popolazione. Inoltre, le perdite da inondazione hanno registrato una tendenza al rialzo a livello globale e ad un ritmo significativamente più veloce del Pil. Basti pensare che dal 1991 ad oggi l’impatto cumulato di questo fenomeno è stato superiore ai 1.200 miliardi di dollari. Questo senza considerare gli effetti dei cicloni tropicali, che nello stesso periodo hanno presentato un conto da 1.500 miliardi di dollari, contro i 1.100 miliardi dei terremoti e i 600 miliardi delle tempeste convettive.
In termini di numeri assoluti, stando ai criteri fissati da sigma (l’istituto di ricerca di Swiss Re), nel 2021 si sono verificate 306 catastrofi in tutto il mondo, rispetto alle 279 nel 2020. Di queste, 186 sono state classificate come catastrofi naturali (in calo rispetto alle 190 del 2020) e 120 sono state invece riconosciute come disastri provocati dall’uomo (da 89 nel 2020). Tra questi incendi, esplosioni, o incidenti di varia natura (tra cui ferroviari o crollo di ponti).
«Mettere in sicurezza le attività produttive». Pasini (Cnr): «Dai partiti servono programmi seri» per difendere l’ambiente
«La scienza del clima ci mostra da tempo che l’Italia, inserita nel contesto di un hot spot climatico come il Mediterraneo, risente più di altre zone del mondo dei recenti cambiamenti climatici di origine antropica e dei loro effetti, non solo sul territorio e gli ecosistemi, ma anche sull’uomo e sulla società, relativamente al suo benessere, alla sua sicurezza, alla sua salute e alle sue attività produttive», si legge nella lettera che è diventata una petizione su change.org: Un voto per il clima (:change.org/p/un-voto-per-il-clima) . Oltre 127mila persone hanno aderito in pochi giorni all’appello: «C’è stata una grande risposta da parte della gente comune», spiega Pasini. Si sono poi aggiunti sindaci, personalità come il premio Nobel Giorgio Pasini, associazioni come il Fai. «Politici no, ma la politica ha i suoi tempi», continua: «Vedo una maggiore sensibilità sul tema. In campagna elettorale, anche in quelle del passato, si è parlato pochissimo di clima. Ma quest’anno il cambiamento lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Noi siamo interessati a sostenere soluzioni scientificamente fondate con la maggiore efficacia».
Qualche esempio? «A livello globale ci siamo dati l’obiettivo di non superare l’aumento di 1,5°C della temperatura rispetto al periodo pre industriale. Ora siamo già a un aumento di 1,2-1,3°C. Anche se la temperatura rimanesse quella di oggi i ghiacciai alpini perderebbero il 30% della propria massa entro la fine del secolo perché stanno rispondendo lentamente al riscaldamento degli anni passati», illustra Pasini. La conseguenza? «Perderemmo il 30% della disponibilità d’acqua che avevamo. Dobbiamo dunque fare qualcosa: pensare a nuovi invasi, a irrigazioni a goccia, a una sistemazione degli acquedotti colabrodo. Dobbiamo gestire questa cosa che è inevitabile e allo stesso tempo scongiurare scenari molto peggiori. Se nel 2100 avremo raggiunto i 4-5°C di aumento, i ghiacciai alpini perderanno il 90-95% di superficie e volume attuali, generando una situazione ingestibile per l’agricoltura del Nord Italia».
«L’economia, nei propri conti, deve valutare i danni ambientali, non esternalizzarli. Ci sono ecosistemi che se muoiono ci tolgono servizi fondamentali. Pensiamo a quelli che filtrano e depurano l’acqua, per esempio», continua Pasini. Nella lettera degli scienziati è ribadita la necessità di mettere in sicurezza territori e attività produttive ed è indicato anche il mezzo per farlo: «Investendo con decisione e celerità le risorse disponibili del Pnrr». Pasini, da climatologo, è preoccupato perché «è in atto una tendenza: gli ultimi anni sono stati storicamente i più siccitosi. I nostri modelli ci fanno vedere come questo sia legato strettamente alle attività antropiche. Conosciamo le cause di ciò che avviene. È il momento di passare alle azioni».
Anche il contesto internazionale si sta lentamente incamminando verso una conversione energetica ed ecologica, osserva Pasini: «Siamo in Europa, dove con il Green New Deal è già stato fatto tanto. Ma anche la Cina sta virando verso le rinnovabili. Produce il 50% dei pannelli fotovoltaici mondiali. E grazie alla Cina nell’ultimo anno è stata triplicata la potenza dell’eolico off shore. Non possiamo più nasconderci dietro a un dito».