Secondo quanto stabilito dalla sentenza la Cassa di Previdenza non deve risarcire il professionista per lo stress sopportato a causa del ritardo illegittimo nell’erogazione della pensione.
Il danno non patrimoniale può essere riconosciuto solo quando venga provata la violazione grave di un diritto costituzionalmente inviolabile come quello alla salute.
È quanto stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 25691 del 1 dicembre 2011, ha accolto il ricorso della Cassa di Previdenza e assistenza dei geometri presentato contro la decisione della Corte d’Appello di Firenze che aveva liquidato il danno da stress per l’illegittimo ritardo nell’erogazione della pensione.
Insomma in questi casi il professionista ha diritto ai danni non patrimoniali soltanto se prova la violazione di diritti inviolabili della persona.
Ad avviso della sezione lavoro, «lo sconcerto per il comportamento ostruzionistico della Cassa e la necessità di promuovere un’azione legale possono essere astrattamente idonei per l’insorgenza di un danno non patrimoniale ove si traducano in una grave violazione dei diritti inviolabili della persona -, sempreché sia provato e, prima ancora, allegato, ad onere della parte istante, l’atteggiarsi in concreto della lesione in termini di violazione dell’integrità psicofisica ovvero di nocumento delle generali condizioni di vita personali e sociali». Al contrario, nel caso all’esame, la genericità del mero riferimento svolto nella sentenza allo “stress” conseguente alla necessità di intraprendere un’azione legale si traduce nella sostanziale affermazione di un danno in re ipsa, «con conseguente violazione dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza a Sezioni Unite in tema di risarcimento del danno non patrimoniale e, in particolare, di quelli concernenti la necessità dell’esistenza di un grave danno, cagionato da fatto illecito, a diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale, e dell’allegazione, da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere in concreto l’esistenza e l’entità del pregiudizio».
Debora Alberici www.cassazione.net – 2 gennaio 2012