Quirinale al fianco degli scienziati per impedire l’equiparazione dell’agricoltura biodinamica a quella biologica. Nessun atto formale, ovviamente, da parte del presidente della Repubblica appena rieletto. Ma fonti parlamentari bene informate assicurano che ci sia stato un «suggerimento» arrivato dal Colle dietro la decisione, improvvisa, di rinviare l’approvazione della legge che prevede, tra le altre cose, l’istituzione di un marchio del biologico italiano e l’adozione di un piano nazionale per sostenere lo sviluppo del settore. Ma che, al comma 3 dell’articolo 1, precisa che tutte le misure di sostegno introdotte devono valere anche per i metodi di coltivazione equiparati al biologico, citando specificamente il biodinamico.
Un marchio commerciale gestito da una multinazionale privata, mentre il biologico è regolamentato da precise norme dell’Unione europea. Un punto su cui, già dallo scorso anno, la comunità scientifica italiana ha manifestato una netta opposizione: «Non si può promuovere il pensiero magico in una legge dello Stato», ha detto la senatrice a vita (e scienziata) Elena Cattaneo, che a palazzo Madama ha presentato invano emendamenti soppressivi di quella parte del testo e, alla fine, è stata l’unica a votare contro. Laddove per «pensiero magico» si intende la visione spirituale del teosofo esoterista Rudolf Steiner, che basa il metodo di coltivazione sull’osservazione delle fasi lunari per la semina o sull’utilizzo di «preparati» speciali per la concimazione. Un esempio per tutti è quello del letame inserito nel corno di una vacca, che abbia partorito almeno una volta, tenuto sottoterra, poi estratto e dinamizzato con acqua.
A insorgere contro questo «metodo antiscientifico» è stato anche il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, che a più riprese ha invitato i parlamentari a «votare con conoscenza e competenza», chiedendo la «consulenza del mondo scientifico quando si deve decidere su questioni delicate e tecniche: se lo avessero fatto, le norme sull’agricoltura biodinamica non sarebbero arrivate neppure in discussione». Parisi aveva anche lanciato un appello a Sergio Mattarella, per chiedergli di interessarsi alla questione. Il capo dello Stato, nel suo intervento dello scorso novembre all’università La Sapienza di Roma, per l’inaugurazione dell’anno accademico, aveva approfittato della presenza di Parisi per rispondere: «È una questione che sta in Parlamento e io, notoriamente, non posso pronunciarmi – aveva detto –. Ma posso ben dire che, perché diventi legge, vi sono alcuni altri passaggi, anche parlamentari anzitutto, che rendono lontana questa ipotesi».
Parole che, lette dopo quanto accaduto ieri a Montecitorio, assumono un’altra rilevanza. La legge, infatti, era pronta per essere messa in votazione, con solo tre emendamenti presentati: due del deputato di +Europa Riccardo Magi, che chiede di eliminare il passaggio sull’equiparazione biologico-biodinamico, e una della Svp, una correzione formale sulla salvaguardia finanziaria. «Su 630 deputati, dopo la mobilitazione della comunità scientifica e l’interessamento del presidente Mattarella, nessun altro si è sentito in dovere di sollevare la questione e chiedere una modifica», dice Magi, che lo scorso luglio si era visto respingere gli stessi emendamenti in commissione Agricoltura ed era pronto ad assistere alla stessa scena in aula. «In pochi minuti potevano essere bocciati e la legge approvata – spiega –, invece è arrivato un rinvio a domani (oggi, ndr)». Decisione della conferenza dei capigruppo, senza una motivazione ufficiale, ma da Montecitorio c’è chi racconta di una telefonata arrivata dal Quirinale: un invito a un «supplemento di riflessione» su una legge che «presenta elementi di complessità e suscita dubbi nella comunità scientifica». Insomma, leggendo tra le righe: se la approvate così potrei non firmarla. E allora quei due emendamenti potrebbero rivelarsi a sorpresa la via d’uscita per eliminare la contestata equiparazione (rendendo, però, necessario un ulteriore passaggio al Senato per approvare la legge) ed evitare un clamoroso scontro con colui che, solo pochi giorni fa, in quella stessa aula è stato applaudito più di 50 volte. —
La Stampa