Opposizione pronta ad accelerare come ad agosto. Ma del maxi-emendamento del governo al Senato ufficialmente non c’è ancora traccia
E ora la battaglia è tutta sui tempi. Il premier Silvio Berlusconi si dimetterà dopo l’approvazione della Legge di Stabilità chiamata a tradurre in provvedimenti parte degli impegni che il Cavaliere ha preso in Europa per rispondere agli attacchi dei mercati ed evitare quel crollo italiano che segnerebbe la fine dell’euro e dell’Unione europea. Il maxi-emendamento approvato d’urgenza dal governo mercoledì scorso — giusto in tempo per permettere al premier di non presentarsi a mani completamente vuote al G20 — per ora al Senato non s’è proprio visto, bloccato dalla crisi del centrodestra e dall’intenzione del premier di non mollare, scardinata solo ieri dal voto alla Camera sul Rendiconto dello Stato. Originariamente i tempi di approvazione della Legge di Stabilità erano il 15 novembre al
Senato e la fi ne del mese alla Camera. Non basta. Bisogna fare prima: l’Unione europea vuole misure subito per mettere fine all’ecatombe di Piazza Affari e dei titoli di Stato italiani. L’opposizione chiede di accelerare i tempi per mettere fine quanto prima all’epoca berlusconiana: più si avvicina Natale, più facile per il premier ottenere le elezioni, saltando il governo tecnico. Ecco perché ieri sera su iniziativa del capogruppo centrista Giampiero D’Alia, i partiti dell’opposizione al Senato hanno scritto una lettera al presidente Renato Schifani chiedendo l’approvazione della Legge di Stabilità entro dieci giorni tra Palazzo Madama e Montecitorio. L’opposizione, spiegano dietro le quinte, è pronta a facilitare l’iter della legge (pur non approvandone i contenuti) come fatto ad agosto sulla manovra da 50 miliardi o ieri sul Rendiconto dello Stato alla Camera. Si va dunque dall’astensione al non voto, pur di fare in fretta. È fattibile? Tecnicamente ci vorrebbero almeno sette giorni per sbrigare la pratica a Palazzo Madama. Ma con un po’ di buona volontà, anche della maggioranza, si potrebbe far prima. Basterebbe licenziare in commissione già domani il testo — fanno notare le minoranze — e votarlo in aula entro venerdì. Passaggi che Pd, Terzo Polo e Idv chiederanno alla riunione dei capigruppo (organo che può cambiare l’agenda) che dovrebbe essere convocata per oggi. Ma è facile prevedere che proprio sul calendario maggioranza e opposizione andranno allo scontro. Basta rifarsi alle parole del capogruppo leghista a Palazzo Madama, Massimo Garavaglia, che non rinuncia ad annunciare emendamenti padani al provvedimento in commissione Bilancio. Poi parla anche di sub-emendamenti e indica in dieci giorni i tempi di approvazione solo per il Senato. Dopo il testo passerà alla Camera e «si avvierà lo stesso iter». Conferma La Russa: «Bisogna aspettare almeno venti giorni». D’altra parte del maxi-emendamento del Governo ufficialmente a Palazzo Madama non c’è traccia, mentre ad aggiungere confusione non mancano le bozze che sono circolate, spesso in contraddizione l’una con l’altra.
La Repubblica – 9 novembre 2011