Ri-comincia a settant’anni la vita dei medici, reclutati a gettone (500 euro per coprire la guardia notturna 20-8) nei punti nascita ospedalieri in debito d’ossigeno: è successo a Piove di Sacco, accade a Mestre, San Donà, Portogruaro… È l’extrema ratio dei manager sanitari sull’orlo di una crisi di nervi, che ora il governatore Zaia – emulo del Molise e imitato dal Friuli – autorizza a richiamare dalla pensione gli specialisti, sanando, en passant, incarichi già conferiti qua e là alla chetichella per scongiurare la paralisi. Gli infermieri perplessi. Una misura d’emergenza, forse obbligata, certo divisiva – al sì condizionato degli Ordini dei camici bianchi fa eco l’opposizione dei medici dirigenti di Anaao-Assomed che impugnano la delibera al Tar – tanto che lo stesso Collegio degli infermieri prende posizione per voce del veterano Luigino Schiavon: «È una scelta che non ci entusiasma, specchio fedele degli errori compiuti dai governi in questi anni. In ogni caso, va contenuta nel tempo e calibrata con cura: un conto è un internista, altro è un chirurgo. Ci sono specialità che premiano il know how e l’esperienza, altre che esigono la raffinatezza del gesto, la prontezza manuale, il pieno possesso delle energie». Duro il giudizio della Federazione medici veterinari: «È la mossa della disperazione, se andrà buca anche questa, saranno costretti ad assumere medici di altre nazionalità dove i titoli di specialista si erogano con più facilità».
L’imbuto formativo. Tant’è. Le radici della crisi affondano nel fallimento di una programmazione nazionale incapace di dare risposta al fabbisogno di professionalità; la legislazione condiziona l’ingresso nel sistema sanitario pubblico al conseguimento della specializzazione post laurea ma a fronte di circa 10 mila laureati l’anno, le borse di studio ammontano a meno di 7 mila, relegando così ai margini un terzo degli aspiranti. Né l’immediato futuro appare roseo: «Nel 2021 si profila un “imbuto formativo” perché cominceranno a laurearsi i quasi 10 mila studenti immatricolati in sovrannumero nel 2014/2015 dopo aver vinto un ricorso al Tar», è il grido d’allarme che arriva dagli Stati generali del giovane medico in corso a Roma «bisogna correre ai ripari e l’unica ricetta è una riforma del sistema per cui, d’ora in poi, ad ogni laurea corrisponda una borsa».
Intanto, si fa largo la proposta di assumere negli ospedali, con contratti a tempo indeterminato, gli specializzandi all’ultimo anno, così da tamponare le falle crescenti. Cosmi e gli specializzandi. «L’idea mi trova del tutto d’accordo, in quanto i medici in formazione fin dal primo anno sono preparati a gestire ambulatori e interventi importanti quali i tagli cesarei», è il commento di Erich Cosmi, il ginecologo che coordina la Scuola di specialità a Padova «faccio notare che all’estero lo specializzando dell’ultimo anno è chiamato chief resident perché capeggia i colleghi, fa le notti e interviene in autonomia. Il richiamo in servizio dei pensionati? Perché no, purché sia concepito come soluzione transitoria. Capisco lo stupore in presenza di un settantenne in sala operatoria ma si tratta di professionisti preparati e ancora dinamici: un articolo di Time riferisce che un italiano di 75 anni equivale, biologicamente, ad un europeo di 65».
L’allarme di Plebani. Al fondo, però, c’è anche la disaffezione causata da un trattamento salariale e normativo ritenuto insoddisfacente: «Ci chiedono molto e non concedono nulla, a motivarci sono la passione professionale e la volontà di aiutare chi sta male ma di questo passo la forza d’attrazione della sanità privata, meno impegnativa e ben più remunerativa, si rivelerà irresistibile per molti colleghi», osserva Mario Plebani, il presidente della Scuola medica del Bo; «Ormai è evidente che la crisi nasce dall’insufficienza di specialisti, non di laureati, tuttavia, a Padova, aderendo all’invito del rettore, abbiamo elevato a 400 le iscrizioni alla facoltà nel prossimo anno».
CISL: ESODO DEI GIOVANI. Tasto dolente, quello delle condizioni di lavoro nel pubblico, che torna nella requisitoria della Cisl: «Stipendi fermi da dieci anni, assenza di tutela per la gravidanza e i figli, indennità ridicole e fronte di un lavoro usurante, contenziosi legali e aggressioni, anche fisiche, negli ospedali. Come stupirsi se i giovani medici emigrano in Paesi più accoglienti? Così il nostro migliore patrimonio umano si depaupera». (Filippo Tosatto)
LA NUOVA VENEZIA – Sabato, 30 marzo 2019