L’Italia è contraria all’uso del glifosato, l’erbicida più usato al mondo, classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità come “probabilmente cancerogeno”. L’Unione Europea dovrebbe decidere tra oggi e domani se rinnovare o meno l’autorizzazione all’uso del glifosato nel territorio comunitario per i prossimi 15 anni.
Già la Francia si era dichiarata contraria al via libera. Ieri l’Italia, per bocca del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, si è schierata contro il rinnovo dell’autorizzazione.
A Bruxelles avevano scritto nei giorni scorsi 32 associazioni ambientaliste italiane, impegnate nella campagna “Stop al glifosato”, fra cui Fai (Fondo Ambiente Italiano), Italia Nostra, Legambiente, Slow Food, Wwf, Touring Club e Greenpeace. Il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, ha chiesto anche uno stop sui prodotti importati. E il ministro dell’Agricoltura Martina ha annunciato che, a prescindere dal voto europeo, l’Italia adotterà un “Piano nazionale glifosato zero, che prevede un monitoraggio più attento dei residui di questo erbicida e una serie di limitazioni al suo uso in Italia.
Di fronte a queste pressioni, anche Bruxelles — in particolare il Comitato permanente europeo per i prodotti fitosanitari — sta rivedendo la sua posizione. Fino alla settimana scorsa il suo sì sembrava scontato. Due giorni fa invece il commissario Ue alla Salute, Vytenis Andriukaitis, ha annunciato che il rinnovo dell’autorizzazione potrebbe essere concesso per 8-10 anni anziché 15. Non è nemmeno escluso un rinvio della votazione, anche se una decisione andrà necessariamente presa entro giugno, data di scadenza dell’autorizzazione.
A marzo del 2015 la Iarc, l’Istituto per la ricerca sul cancro associato all’Oms aveva classificato il diserbante come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. A novembre l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, aveva espresso un parere contraddittorio, dichiarando “improbabile” il legame fra glifosato e tumori. A fine febbraio un’associazione di consumatori tedesca aveva analizzato i campioni delle 14 birre più vendute in Germania, trovando valori di glifosato fino a 300 volte superiori a quelli consentiti dalla legge per l’acqua potabile.
Repubblica – 7 marzo 2016