Liste d’attesa, schiaffo delle Regioni Bocciato il decreto col sì della Lega
Il decreto sulle liste d’attesa così com’è non va bene. La norma voluta da Giorgia Meloni in chiave elettorale, presentata dal ministro alla Salute Orazio Schillaci appena quattro giorni prima delle Europee, è finita al centro di una battaglia politica che divide la maggioranza. Ieri le Regioni, la gran parte delle quali governate dal centrodestra, hanno bocciato l’atto. La loro Conferenza ha infatti espresso parere negativo (con il solo voto contrario del Lazio) sulla legge, mossa apprezzata dalla Lega. Le critiche al testo, che ieri mattina durante la riunione tra i presidenti sono state anche accese, sono di vario tipo, con ad esempio osservazioni riguardo all’assenza di finanziamenti per mettere in atto le varie misure. Il punto chiave è però l’articolo 2. La norma dà la possibilità al ministero alla Salute di fare ispezioni all’interno delle Regioni dove le liste di attesa non vanno bene e nel caso sanzionare anche i direttori generali delle Asl, manager nominati dai presidenti. Una prerogativa fortemente centralistica voluta dallo stesso governo che ha approvato l’Autonomia differenziata. Due modi diversi di vedere la sanità e non solo quella: da una parte Fratelli d’Italia, che controlla il ministero alla Salute, dall’altra la Lega, allaquale appartengono i presidenti di alcune delle Regioni più forti sul fronte sanitario.
Ieri nel corso della riunione a Toscana ed Emilia-Romagna, che sono partite all’attacco, si sono quindi unite il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e poi tutte le altre. Le Regioni vorrebbero che l’articolo 2 venisse riformulato, altrimenti il loro parere resterà negativo. Ma in Parlamento c’è già chi ha pensato di fare di più, di cancellare del tutto quel passaggio del decreto. Si tratta della Lega. E se le intenzioni del partito di Salvini non fossero state già chiare, ieri pomeriggio ha detto la sua Massimiliano Romeo, il capogruppo del Carroccio al Senato e primo firmatario dell’emendamento: «Auspichiamo una proposta di mediazione da parte del governo che venga incontro alle istanze della Conferenza delle Regioni. Noi proponiamo un sistema di valutazione e monitoraggio delle Regioni nell’esercizio dell’autonomia differenziata». La segretaria del Pd Elly Schlein attacca: «Il decreto doveva risolvere il tragico problema delle liste di attesa e le Regioni lo bocciano perché è privo di risorse e fa spaccare la maggioranza». «È un bluff», sentenzia il dem Francesco Boccia. Il presidente dei 5S Giuseppe Conte aggiunge: «Passato il voto per le Europee gli slogan si schiantano contro larealtà, denunciata ora anche dalle Regioni, molte di centrodestra». FdI si difende replicando all’opposizione, senza fare però riferimenti alla Lega.
Le Regioni ieri hanno avuto da ridire anche sulla questione delle risorse economiche, che praticamente nell’atto non sono previste, visto che si chiede alle amministrazioni locali di utilizzare ciò che avanza dei fondi (tra l’altro nemmeno quelli aggiuntivi) già destinati alle liste di attesa l’anno scorso. «Un’efficace attuazione di misure di contenimento dei tempi di attesa non può prescindere dalla disponibilità di congrue risorse economico- finanziarie aggiuntive e di adeguate risorse umane», dicono i presidenti. Le Regioni scrivono chiaramente nel parere sul decreto una cosa sempre taciuta dal governo: «Considerato che il livello di finanziamento del servizio sanitario è notoriamente sottodimensionato, rispetto a quello dei principali Paesi europei, e sta determinando serie difficoltà in tutte le Regioni ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario dei bilanci sanitari, le Regioni non sono nelle condizioni di finanziare il costo di misure ed interventi aggiuntivi, seppur condivisi per la finalità, poiché il fondo sanitario nazionale è già largamente insufficiente». Un’altra bordata al governo Meloni.