In tutte le aziende sanitarie del Veneto è stato attivato un allarme informatico che vaglia il calendario delle prenotazioni effettuate dai pazienti e segnala le eventuali anomalie «temporali».
Il software è tarato sulle prescrizioni (secondo i criteri di urgenza indicati da medici di base e specialisti) e rappresenta il primo effetto concreto dell’indagine sulla «mammografia-scandalo» di Montebelluna, dove, nell’ottobre scorso, una donna di sessant’anni si è vista fissare al giugno 2015 l’esame richiesto. Una vicenda che ha suscitato lo sdegno del governatore Luca Zaia («Adesso scateno l’inferno», il suo bellicoso commento a caldo sul web) lesto a disporre un’indagine amministrativa culminata nel rapporto giunto ieri sul suo tavolo. L’ha curato il Centro regionale di coordinamento dei tempi d’attesa, le cui conclusioni alludono ad una catena di «microerrori» (inclusa l’iniziale decisione di prescrivere l’ennesima radiografia ad una paziente che ne aveva già collezionate cinque in sei anni, tutte con esito negativo) accentuati dall’inesperienza degli operatori del service esterno al quale l’Ulss 8 ha affidato la gestione delle prenotazioni e, appunto, dall’assenza di “alert” nel sistema telematico. «Per noi le liste d’attesa costituiscono una priorità decisiva e il nostro obiettivo è la qualità totale», ha ribadito ieri Zaia, deciso a interpretare il ruolo di “difensore civico dei veneti” senza riguardi per la burocrazia istituzionale. A Palazzo Balbi sono fioccate numerose le segnalazioni di ritardi e disservizi nella sanità («Le stiamo esaminando una ad una ma ci servono nomi e cognomi altrimenti la verifica è impossibile») e tuttavia, aldilà delle buone intenzioni sbandierate, la riduzione effettiva dei tempi per visite ed esami richiede due condizioni essenziali: maggiore oculatezza nelle prescrizioni mediche e pieno utilizzo dei macchinari ospedalieri, la cui “produttività” è oggetto in questi giorni di un monitoraggio capillare. Che fare allora? Il governatore ne ha discusso con l’assessore Roberto Coletto e il segretario della sanità Domenico Mantoan, e dallo scambio di idee è emersa la volontà di aggredire il problema con una delibera innovativa, caratterizzata da due elementi di discontinuità. Anzitutto, il principio di responsabilità: in presenza di “ricette rosse” discutibili (doppioni, prescrizioni indebite o ingiustificate) l’urgenza indicata sarà comunque rispettata ma al medico firmatario sarà chiesto conto della scelta. Ancora: il controllo effettivo sulle liste d’attesa sarà affidato al Centro di coordinamento che a tal fine muterà la proprio natura, da amministrativa ad ispettiva, e risponderà direttamente all’occhiuto Luca Zaia. Si vedrà. La Regione, tuttavia, tiene a sottolineare che la sanità veneta – pur con qualche intoppo – viaggia su standard virtuosi molto elevati. A testimonianza di ciò, il governatore cita la media contenuta dei ricoveri (7 giorni rispetto ai 20 di altre regioni) e i conti in ordine. Nessun accenno, invece, alle fatidiche schede di programmazione ospedaliera che dovrebbero tradurre in scelte concrete la road map tracciata dal nuovo Piano socio-sanitario. Un ritardo legato ai contrasti nella maggioranza di centrodestra (Lega e Pdl gareggiano nel difendere i rispettivi bacini di consenso nell’imminenza delle elezioni politiche, imitati in tono minore dalle forze di opposizione); uno stallo che, secondo il presidente della commissione sanità del consiglio regionale, sta provocando un ingente danno alle finanze del Veneto: 10 milioni di euro, a tanto ammonterebbero (ad oggi) le spese superflue derivanti dal mancato avvio delle riforme strutturali contenute nel Piano secondo il “contasprechi” quotidiano che il pidiellino eretico Leonardo Padrin ha attivato sul suo sito.
Il Mattino di Padova – 1 novembre 2012