Sono rimasti spiazzati, i direttori generali, dalla tirata d’orecchie sulle liste d’attesa improvvisata lunedì a Cittadella dal governatore Luca Zaia. Che ha tuonato: «Controllerò che i manager abbiano utilizzato al massimo i macchinari per la diagnostica, altrimenti non ci saranno scusanti per nessuno». Detto fatto: dg convocati d’urgenza alle 9.30 di lunedì allo Iov di Padova, con una lettera spedita ieri mattina dal segretario regionale alla Sanità, Domenico Mantoan.
Si sa, le liste d’attesa sono il cavallo di battaglia di Zaia nei momenti clou della sua vita politica. «Le abbatterò», aveva promesso cinque anni fa, appena eletto, e ora ci torna sopra in campagna elettorale. Ciò che stupisce è che il monitoraggio del 16 dicembre scorso sulle prestazioni notturne e festive (49.768, al secondo trimestre 2014), fortemente volute dallo stesso presidente, e la delibera del giorno prima con l’analisi dell’attività radiologica negli ospedali veneti avevano già ampiamente fornito l’esatta fotografia dello stato dell’arte. Perchè allora, e dopo un mese, questa uscita? «Probabilmente gioca d’anticipo su eventuali critiche — ipotizzano alcuni dg — se non si è centrato l’obiettivo non è per scarso impegno, ma per carenza di risorse, che ci impedisce di investire in personale, materiale, tecnologia. Per tenere accese Tac e risonanze 10 ore al giorno ci vogliono i tecnici ma i soldi per pagarli sono sempre meno. Non è una novità per la Regione, che ci tiene sotto stretto controllo, passando al setaccio le liste d’attesa una settimana al mese. A novembre ci ha perfino fatto compilare un questionario per vedere quanto lavorassimo di sera e nei weekend. E’ vero, sono emerse disomogeneità, perchè ogni Usl agisce a seconda del contesto, della dotazione organica e strumentale».
E se il denaro scarseggia, dicono sindacati e medici, non dipende solo dai tagli romani ma anche «dalla scelta di buttarlo in inutili iniziative-spot». «Sette milioni di euro in un anno i veneti hanno pagato la trovata delle visite di notte, perchè fuori orario un medico costa 100 euro all’ora oltre il contratto e un infermiere o tecnico 40/50 — ricorda Daniele Giordano, Cgil —. Non era meglio comprare prestazioni in più dallo stesso personale di giorno? Anche perchè per aprire gli ambulatori di notte molte Usl li hanno chiusi al pomeriggio, dov’è il vantaggio? E poi: siamo sicuri che gli specialisti non usino di più i macchinari per la libera professione? La Regione non ha mai controllato, è vergognoso che Zaia scarichi su altri le proprie responsabilità. I dg li ha scelti lui, se non funzionano li cacci». Le sigle della sanità sono state convocate un mese fa per rinnovare la sperimentazione delle visite di notte: i medici hanno firmato, il comparto no, perciò l’accordo è saltato. E il tavolo non è mai stato riconvocato. Eppure le Usl entro ieri sera hanno dovuto inviare in Regione la nuova programmazione, quindi il progetto prosegue. «Può essere un’idea utile per qualcuno, ma non abbiamo mai creduto che potesse abbattere le attese, anche perchè i maggiori fruitori delle prestazioni sono gli anziani, che di sera non si muovono — dice Adriano Benazzato, segretario dell’Anaoo (ospedalieri) —. Si dirottino quelle risorse sui sanitari: il Veneto è la regione con meno medici, i primari non vengono sostituiti e mancano infermieri, eppure spendiamo 470 mila euro per gli steward nei Pronto soccorso. I project financing hanno fagocitato milioni di euro, tolti all’attività ordinaria e cioè a organico, tecnologia e materiale. E adesso paghiamo il conto». L’altro nodo è il taglio del budget ai convenzionati (da 180 a 140 milioni), costretti a ridurre le prestazioni del 30%, a licenziare dipendenti e a metterne a part-time molti altri. Non è stato erogato nemmeno l’extrabudget, deliberato dalla giunta Zaia per correre ai ripari: 23 milioni nel 2013, 15 nel 2014 e 15 nel 2015. Le Usl ne hanno distribuiti solo 9,7 del 2013. «Zaia si sveglia solo ora, provando a scaricare le responsabilità su altri, quando il problema è l’incapacità della Regione di programmare — nota Alessandra Moretti, candidata del centrosinistra alle Regionali —. Un’alternativa ci sarebbe: invece di convocare i direttori generali dovrebbe dimezzare le aziende sanitarie, così da liberare risorse, aumentare le prestazioni e quindi ridurre le attese. I veneti non possono aspettare l’avvicinarsi delle elezioni per vedere il presidente occuparsi della loro salute». «Il fallimento è di Zaia e della sua incapacità di mettere i manager in condizioni di lavorare bene», incalza Claudio Sinigaglia, consigliere del Pd. In linea Flavio Magarini, segretario di Cittadinanzattiva: «Riducendo le Usl da 21 a 7 risparmieremmo 25 milioni, da dedicare ai pazienti. Ora chi se lo può permettere per evitare le attese va dal privato puro, più conveniente del doppio ticket, chi non può non si cura. Nell’ultimo anno il Veneto ha rinunciato a 2,5 milioni di prestazioni specialistiche».
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 21 gennaio 2015