Carenze nella medicina generale e tra gli ospedalieri, e lunghe liste di prestazioni in attesa di essere erogate. Eccoli i principali motivi di crisi della sanità veneta. Criticità note.
A volte la Regione, altre il ministero della Salute hanno cercato di farvi fronte approntando le misure più disparate: dall’innalzamento dell’età pensionabile per i medici di base all’aumento del massimale dei pazienti; si è parlato persino di “overbooking”, ma la proposta è naufragata prima di vedere l’alba.
Questioni che l’assessora alla Sanità Manuela Lanzarin conosce bene.
Assessora, la carenza di personale nella medicina generale è nota. Alla Regione è imputata la mancanza di programmazione. Perché, fino al 2017, non sono mai state previste più di 50 borse all’anno per la formazione in Medicina generale? Per poi, nel 2022, essere costretti ad attivarne 353.
«Il Veneto si è sempre accaparrato tutte le borse disponibili. Negli ultimi anni le condizioni, nel mondo della sanità, sono peggiorate. E anche per questo si è creato il famoso fenomeno dell’“imbuto” dei medici in uscita, anche perché in molti hanno deciso di anticipare i tempi della pensione».
In Veneto i medici di base con oltre 27 anni di carriera sono più di due su tre. Significa che la carenza poteva e doveva essere prevista.
«Certo, ma l’accelerazione vera c’è stata negli ultimi 3-4 anni, aiutata dal Covid. C’è poi il fenomeno delle “grandi dimissioni”, che non è solo veneto».
I medici attendono da febbraio la pubblicazione del bando per il corso di formazione in medicina generale. Perché questo ritardo?
«Si tratta di un ritardo nazionale nella pubblicazione del bando, dovuto a sua volta ai ritardi accumulati a causa della pandemia. Ma il Veneto è allineato al le altre Regioni. Il bando per la formazione 2022-2025 è stato pubblicato l’1 marzo 2023 e il corso è iniziato a maggio, con 208 posti. Il concorso per la formazione 2023-2026 sarà entro la fine dell’anno e i corsi cominceranno a stretto giro».
Di quanti posti parliamo?
«Dovrebbero essere 203. Significa che nel 2027 ci saranno un migliaio di nuovi medici».
Qual è la percentuale dei corsisti che abbandonano la formazione o che lasciano dopo il diploma?
«Tra il 25 e il 30%. Attualmente in Veneto contiamo 792 medici in formazione, e già sappiamo che almeno un quarto di questi non concluderà il percorso. Soprattutto per accedere ad altre specialità, anche se i motivi sono svariati».
L’esodo, però, si registra anche tra le specialità. Nel 2022, nelle scuole di specialità venete sono rimaste scoperte 7 borse su 10 di Emergenza-Urgenza. Eppure le coop riescono a trovare gli specialisti carenti nel pubblico.
«L’Emergenza-Urgenza è un settore nel quale c’è poca possibilità di fare carriera: è un fattore da considerare e sul quale lavorare. E poi è forte l’impatto emotivo, lavorativo e psicologico: pensiamo ai contenziosi, alle aggressioni. Per questo guardiamo con attenzione a questa branca, consapevoli che gli interventi puramente remunerativi – già messi in campo a livello nazionale – non sono sufficienti. Quanto ai “gettonisti”, la Regione Veneto è stata tra le prime a sollevare la questione, chiedendo l’istituzione di un tavolo nazionale. Per questo è stato introdotto il divieto di rientrare nel sistema sanitario pubblico, dopo averlo abbandonato».
Parliamo di un altro “vulnus” della sanità veneta: le liste d’attesa. La Regione sta approntando un nuovo piano per il loro smaltimento e ha chiesto i piani di intervento alle singole Usl. Qual è lo stato dell’arte?
«Smaltite le prestazioni da realizzare entro 10 giorni dalla prescrizione, ci rimangono unicamente quelle programmabili e differibili, da svolgere entro 30 o 60 giorni. Per smaltire le prestazioni che restano, la Regione ha stanziato 30 milioni di euro: una prima metà sarà spesa da settembre, poi la seconda metà. Le prestazioni saranno smaltite da medici e infermieri, con pagamenti maggiori rispetto a quelli standard, e poi dal sistema privato accreditato convenzionato, con quote di extra budget. La Direzione regionale ha ricevuto i piani da tutte le Usl e li sta analizzando, lavorando anche sull’appropriatezza delle prescrizioni».
È un appello che rivolge ai medici di famiglia?
«Non soltanto a loro, ma anche agli specialisti ospedalieri. Stiamo svolgendo un monitoraggio attento nelle singole Usl sull’appropriatezza delle prescrizioni».
Significa che alcune non sono appropriate?
«Ora stiamo solo monitorando la situazione, quando avremo i dati riusciremo a dirlo».
Quanto alle prestazioni “in galleggiamento”, qual è la situazione ad oggi?
«Parliamo di 220 mila prestazioni. Stiamo lavorando anche su questo fronte, non soltanto sul recupero delle liste d’attesa. Consapevoli che sono tante, soprattutto nelle branche della diagnostica per immagini, della cardiologia, dell’oculistica, della dermatologia e dell’ortopedia».
Quanti sono i pazienti che, nell’attesa di una telefonata dall’Usl, spazientiti, si rivolgono al privato?
«Sicuramente è una situazione esistente, ma quantificarla è difficile».
Il Mattino di Padova